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LA MUSICA MEDIEVALE E L'IMPORTANZA DI PRESERVARLA. INTERVISTA AGLI “IN VINO VERITAS”. A cura di Nicolò Dal Grande.

Nell’affascinante mondo dei rievocatori, un ruolo di primo piano spetta certamente a chi riporta in in vita e preserva i costumi folcloristici legati al contesto della musica medievale. Domus Europa ne parla con il gruppo musicale degli “In Vino Veritas”.

A cura di Nicolò Dal Grande

Partiamo con il chiedere chi sono e come nascono gli “In Vino Veritas”?
Nicolazzi
: “Amicizia e percorsi paralleli nell’ambito musicale si intrecciano e si incontrano a Carrara a cavallo dell’inverno 2010-2011. Nicola Bellulovich proveniente da studi di sassofono al conservatorio, Alessandro De Palma dall’Accademia di belle arti, dall’ambito del folk e della polifonia corale Siro Achille Nicolazzi. L’invito è di Simone del Greco, amico comune appassionato di rievocazione che organizza da qualche anno la Festa Medioevale in un vicino paese della provincia: Fosdinovo. Nicola e Siro suonavano già assieme da qualche anno temi popolari e ritmi folk dei Forasteri, Sandro da autodidatta suonava anche lui ispirandosi a melodie tradizionali dal sud Italia e Irlanda..
I tre si trovano mettendosi subito al lavoro, per trovare un nome che accomuni la festosità delle taverne medievali, il libertinismo delle situazioni dionisiache e la carica della tradizione pagana e precristiana… Strumenti iniziali sono semplici percussioni, flauti, voci, ance singole e doppie. Poco dopo decidono di ampliare l’organico invitando un artigiano della bassa Liguria che suona cornamusa e mousette: Corrado Perazzo. L’ispirazione iniziale affonda le radici nel repertorio dei goliardi e del Codex Buranum, Cantigas iberiche “de amigo” e “de Santa Maria”,  testi ladini e sefarditi, tradizionali occitani, ballate anonime profane del XII e XIII, melodie trobadoriche di autori come Rambaldo De Vaqueiras, Guillaume De Machault e molti altri, senza badare a lingua o regione di provenienza, ma mantenendo un centro temporale su quei secoli “oscuri” prerinascimentali.
Il repertorio nei mesi cresce, crescono gli appuntamenti e l’organico: la stagione si evolve e sin dalla prima festa cominciano a piovere inviti nella provincia, prove e ingaggi si susseguono veloci e sul finire della prima stagione entra a far parte dell’organico il polistrumentista Alessandro Arturo Cucurnia, dopo poco seguito da Nicola Caleo alle percussioni, che già avevano dato vita al gruppo “Antiqua Lunae”. L’ingresso di Alessandro e Nicola porta a nuova armonizzazione comprendendo strumenti come arpa celtica e bouzuki, mood rockeggianti e accenti moderni che riscuotono successo. Il gruppo sente il bisogno di registrare i temi più importanti e si riunisce nelle sale de la “Loggia Studios” durante l’inverno 2012-213 nasce il progetto “BACCABUNDI”…”

Su quali secoli si concentrano gli studi musicali del vostro gruppo?
Nicolazzi
: “Come dicevo prima abbiamo iniziato ponendo il fuoco soprattutto su XII° e XIII°, però è probabile che alcuni dei temi conosciuti e scritti in quel periodo risalgano magari a tempi precedenti e che siano stati soltanto trascritti in quegli anni..Per quanto riguarda la tematica bacchica e dionisiaca, mi è venuto naturale anche andare a vedere le origini della cultura enologica e della vite, che esisteva certamente nel medioevo si, ma da dove veniva? Per questo sono andato ad ispirarmi anche ai riti descritti nei testi di autori greci e latini. Tornando al repertorio, poi siamo passati a esaminare anche modi e temi più “tardi” vedi ad esempio la famosa “Tourdion” e le varie “Branle” che sono un poco più popolari, dunque orecchiabili ed anche ballabili..nel corso degli anni poi il repertorio si è allargato andando ad abbracciare anche temi non prettamente medievali e tradizionali, anzi alcuni piuttosto moderni. La cosa fantastica e che molti apprezzano è il fatto che questi andando ad eseguirli con la nostra strumentazione medievale e il nostro sound si trasformano in una strana polpa mista, temporalmente inclassificabile, che ci piace molto. Ad oggi gli studi del gruppo si stanno concentrando nel comporre nuove melodie, ispirate a quelle tradizionali ma scritte di nostro pugno.”

Come nasce e cosa rappresenta per voi la passione per la musica medievale?
Cucurnia: “Personalmente estendo questa passione a molta musica antica e arcaica, da quella sciamanica delle origini a quella greca o indiana, dai folklori altaici all’arpa celtica e bardica. La mia ricerca si muove in questi ambiti. Ho pubblicato il libro Musica e Sapienza, antiche tradizioni musicali e spiritualità, per Agorà&Co, nella collana Lo Specchio di Dioniso, diretta da Angelo Tonelli, massimo traduttore italiano vivente dei classici greci. Il recupero di tradizioni pagane europee è un’operatività che va oltre la ricerca musicale, ma che ne alimenta l’ispirazione. Si pensi al Mabinogi, grande esempio – sottovalutato – di letteratura celtica/gallese tramandata oralmente e giunta a noi dalle trascrizioni medievali. Parliamo di una pietra miliare e densa di tradizioni pre-cristiane e pre-celtiche, ispiratrice dello stesso ciclo arturiano. Questo è il medioevo che mi interessa. Quello figlio di Ermete, quello vivo nel folklore inglese e stregonesco di una preghiera per la terra prima del raccolto, quello del genio della casa (perseguitato anch’esso dalle inquisizioni), quello poco conosciuto, sapiente o poco erudito, risorto segretamente come una stanca e immemore fenice dai roghi di Alessandria la Grande, da tutti i roghi venuti dopo in nome di un’unificazione che ha reso arida una terra e sterile l’identità dei popoli. Mi interessa la “storia notturna” per dirla con Ginzburg e al di là di questo nutro grande simpatia l’arte che sorge dal sentimento popolare dionisiaco. I musici itineranti, i bardi d’irlanda (auto-cristianizzati senza mediazioni vaticane) sono paladini del folklore, dove sopravvive l’eco antica del sacro, spesso arginata da muri dogmatici. Noi cerchiamo di ricostruire quelle tracce pagane nel cuore di una tradizione che è cristiana, come fanno i gargoyles di una cattedrale o i simboli primordiali nei bestiari di una cattedrale gotica; proprio a questo si ispira la ricerca costumistica e musicale del nostro spettacolo “Bestiarium”. “

Quali sono compositori e/o esecutori a cui  vi ispirate?
Cucurnia
: “Le ispirazioni sono molteplici, ognuno porta il suo background personale per arricchire la dimensione performativa e di arrangiamento. C’è chi viene dal jazz, chi da repertori prettamente popolari, chi dalla musica prog-rock ed elettronica. Personalmente, nell’aspetto compositivo, mi ispiro all’acid folk anni 70, al cantautorato che radica nel trovadorismo, a ispirazioni celtiche e mediterranee, cercando di mantenere un margine di contatto con i gruppi principali della scena Pagan Folk. Di fatto la nostra riproposizione dei brani tradizionali ha un’impronta prevalentemente “danzereccia” e folk-rock classica, laddove per rock si intende un’attitudine più che una dimensione sonora, dato che nel nostro caso resta sempre e comunque priva di chitarre elettriche, anche sui palchi dei festival più giovanili e meno connessi alla rievocazione storica. Credo che proprio in virtù di sua questa “freschezza” il nostro progetto sia apprezzato da bambini, ragazzi e persone ben più adulte.”

Nell’era dove la tecnologia sembra quasi rimpiazzare i rapporti umani diretti, quali valori rappresenta la preservazione della musica medievale e dei costumi ad essa connessi? Che importanza riveste il mantenerla viva?
Cucurnia
: “Il rapporto umano diretto è motore dell’evoluzione di un individuo, la qualità di questo tempo è riflesso della capacità di guardare dentro di sé. Il libro del passato è sempre di esempio per tutti, indipendentemente dalle inclinazioni e della idee, perché certi moti storici sono ciclici all’interno di una società travagliata come quella occidentale, vittima di se stessa, del collasso della tecnica e della ragione. Lo studio dei simboli, che siano sonori o figurativi, è importante per conoscere la Natura della Musica e del Cosmo, poiché il simbolo non cambia nel tempo, ciò che cambia sono le interpretazioni e l’uso che ne facciamo. Per questo le miniature medievali ci toccano nel profondo quando narrano di storie semplici ma universali, nella loro dimensione profana.
Cosa simile accade con i simboli ermetici, nella loro dimensione sacra, che possiamo studiare per un’intera vita, tornando infine all’approccio semplice e diretto, finalmente padrone di sé. Questa semplicità è propria delle melodie e dei canti più belli dell’evo di mezzo.
Il tempo perduto ci ispira tenerezza, nel bene e nel male, come il ricordo di un vecchio antenato che ci ha trasmesso pregi e difetti. L’importante è conoscere per essere padroni di noi stessi.
Il linguaggio dell’arte è universale, ma paradossalmente, nel mondo globalizzato e privo di radici, la comunicazione artistica diviene sempre più arida. “

Nicolazzi: “In primo luogo è per ciò che mi riguarda, il tentativo di riabilitare un certo modo di vivere la musica come forma d’arte e di espressività umana, creazione di bellezza effimera. La memoria esiste se la vogliamo far esistere, essa ci aiuta a rianalizzare la nostra storia, cercare di comprendere la società di oggi e viverci al meglio il quotidiano, dobbiamo necessariamente conoscere ciò che v’era prima..se non si guarda indietro andando a rivedere senza paura verità diverse a volte scomode, aspetti della realtà nascosti o ignorati, è difficile avere la forza e l’immaginazione di guardare in avanti. Dunque trovo bello pensare che gli In Vino Veritas siano un “mezzo di trasporto” una sorta di macchina del tempo, di “buco nero” che azzera la distanza spazio-temporale, traslocando lo spettatore a rivivere emozioni perdute, certi sguardi sul circostante e attimi di vaghezza, fremiti di molti secoli addietro. Questo viaggio mentale può far nascere una riscoperta del proprio io e degli altri in quel mondo parallelo e poi al momento del ritorno.. La musica può avvicinare le persone e può creare unità ed empatie, mescolanza e interazione, dialogo là dove dialogo non v’era prima, è occasione di sapienza e crescita”

Le vostre prossime iniziative?

“Nuovo album, nuovo tour con varie date già confermate, tra cui un paio in Germania e una in un grosso festival celtico in Belgio.”

Ringraziandovi per il tempo concesso, in conclusione avete qualcosa da dire per i lettori di Domus Europa?
“Grazie per il tempo che avete dedicato a noi e a questa intervista.”

Domus Europa ringrazia gli “In Vino veritas” per la disponibilità e la cortesia nel concedere l’intervista.

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