Κύριε ελέησον
Tanto he mirado la belleza que mi visión vive en ella
Kavafis
Salonicco – Beirut, settembre 2016
Salonicco (in greco Θεσσαλονίκη, Thessaloniki), capitale della Macedonia, patria del grande Alessandro: porto e porta della Grecia per me, varcata per la prima volta in questa estate.
GRECIA. Culla della filosofia, sorgente sgorgante di antica cultura e di immortale bellezza…Terra fecondata dalla predicazione apostolica e dalla creatività dei Padri delle Chiesa.
“Tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”(1 Tes 5,23), scriveva Paolo nella sua prima lettera indirizzata proprio ai cristiani di questa città, primo scritto del Nuovo Testamento!
Per la prima volta partecipo alla Divina Liturgia in lingua greca, così diversa nella sua musicalità allo slavo ecclesiastico utilizzato nella liturgia ortodossa russa -che avvolge come ambra fuso, o miele-.
Una sonorità soave, quella greca, quasi ispanica -che scorre e si riversa come olio di oliva e balsamo aromatico, come crisma- schiudendo il cuore e aprendolo, spingendolo verso l’alto.
Quando scoppia il canto del Κύριε ελέησον (Kyrie eleison), come fili di pioggia che legano il cielo al fango trascinando il fango verso il cielo, e tramutandolo in oro, il cuore si riconosce amato e custodito, accudito e perdonato. Adesso le gocce di pioggia scendono dai miei occhi, riempiti dello splendore sovrabbondante della misericordia del Signore. Non vorrei che finissero mai le onde del Kyrie eleison, che si riversano, bagnandomi di mare azzurro e di schiuma, nella Luce di Vita, figlio nel Figlio…
Un assaggio? Il canto del Kyrie composto dal patriarca georgiano Ilia II, quello del coro greco-cattolico ucraino di Univ, quello della cantante serba Divna Ljubojević, e infine quello del monaco greco Athanasios Simonopetritis può dare un sentore adatto:
- https://youtu.be/fCEtBGHDkgU
- https://youtu.be/6bAmhIo4Ye8
- https://youtu.be/YJHYoXD0Buk
- https://youtu.be/jKzfcnB6gT4
San Demetrio, san Gregorio Palamas, san Nicola Cabasilas, i Cappadoci – le chiese paleocristiane e quelle bizantine, i mosaici, i monasteri, le icone, gli affreschi dei Tre- e le provvidenziali conversazioni con colleghi universitari ortodossi e cattolici -Panagiotis e Luca-, mi portano costantemente alla memoria il mio nuovo amico, san Nicola Kyrie eleison -o san Nicola Pellegrino, Άγιος Νικόλαος ο Προσκυνητής, giovane greco nato a Stiro nel 1075, e morto a Trani nel 1094, un santo folle in Cristo, affascinante nella sua radicale semplicità. Lui ha fatto irruzione nel paesaggio della mia vita, inatteso e benefico quanto Faramir, comparendo all’improvviso nei verdi boschi dell’Ithilien…
Così condivisi con Nίκος, un altro neo amico greco (sempre di un Νικόλαος si tratta), la passione per la letteratura e per J.R.R. Tolkien, e andammo in libreria, dove trovai Il Signore degli Anelli in neogreco: mi regalai questa nuova spinta/sfida (dopo il Nuovo Testamento!) per imparare la lingua ellenica.
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Dopo la Grecia, breve sosta a Roma, per la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta.
Nella rovente giornata di solleone, la fresca brezza dello Spirito, mite e compassionevole, alleggiò mansuetamente sulla Piazza di San Pietro mentre il Papa proclamava santa Madre Teresa, con sobrietà e dolcezza. Vangelo puro.
Nella moltitudine, ondeggiavano al sole le vele dei sari biancoazzurri delle Missionarie della Carità, avvolti nei loro corpi, alberi eretti -come Maria ai piedi della croce- che raccolgono il Vento e portano la nave della Chiesa al largo –duc in altum-, nell’oceano dell’Amore dei Tre per i più poveri tra i poveri.
“Madre, quando sarà in cielo, si ricorderà di me?” “(ride) sì, padre, ma mi lasci arrivare prima!”: ricordai allora quel dialogo avuto con la Madre qui a Roma, a via Casilina, decenni fa, e ridendo anch’io, piansi di gioia…
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Da Roma alla “terza Roma”, Mosca.
Mentre prestavo il servizio come confessore a Lourdes durante il mese d’agosto, avevo già pregustato l’incontro con il mondo slavo, partecipando alla Divina Liturgia nella chiesa ucraina, la cui cupola dorata sfolgora in alto, visibile ovunque dal santuario (e persino confessando in russo…degli ucraini!).
Eppure ritornare in Russia, ritrovare i miei frati -molti di questi, gli stessi dei bei vecchi tempi-, e sperimentare ex novo la bellezza della condivisione con loro durante le giornate di formazione, assieme a quasi tutti i religiosi e religiose della Russia, dal Caucaso fino alla Siberia (gesuiti, francescani e francescane, domenicani e domenicane, salesiani e salesiane, suore di Madre Teresa…), fu qualcosa di inatteso, di gratuito, di sovrabbondante.
Una gioia luminosa e trafiggente che risplendeva nei visi e negli sguardi, suscitando in me una vera risurrezione (in greco ανάσταση, in russo воскресение). Mi rammentai di un altro amico greco recentemente incontrato, Anastasios (Αναστάσιος, “risorto”), e mi sembrò più che mai un nome di buon augurio.
Culminando tutto, la lunga visita -fatta assieme a padre Petros, mio amico armeno, e a Olga-, alla Trinità di san Andrej Rublëv, nella Galleria Tret’jakov. Eravamo soli, per parecchi minuti. Inaudito. Nessuno, tranne noi.
Davanti ad essa e per essa -tutta per noi-, sottovoce, cantammo il Trisaghion (in greco e in russo), e Petros poi -per strada, con la sua voce meravigliosa- cantò anche il Kyrie eleison in greco e in armeno. Davvero sembrava un vicolo del cielo apertosi sulla terra, snodandosi con echi delle Gerusalemme celeste, nel riverbero dorato delle ali e degli sguardi dei Tre, mentre noi camminavamo per le strade grigie di Mosca…
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Tiro e Sidone, sulla costa del Libano. Di nuovo sul Mediterraneo.
Viuzze aggrovigliate e caotiche, rovine, macerie e detriti convivono egregiamente nell’esuberanza mediorientale con ville e promenade raffinate, così come convivono fedi, riti e lingue diverse, in questa martoriata terra dei cedri, invasa dai profughi palestinesi e siriani, attanagliata da contrastanti interessi politici ed economici, nella pace -fragile come la schiuma nelle splendide spiagge del suo mare turchese-…
Il brano della Scrittura, e i volti del Vangelo che più mi fanno compagnia in questi mesi, si fanno toccare, si respirano, si vedono, si gustano:
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore (ελέησόν με, Κύριε) figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola (…) Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita (Mt 15, 21-28)
La particolarità dell’atteggiamento della cananea (sirofenicia di lingua greca, la chiama Mc 7) sta in quel grido ‘Signore figlio di Davide‘ dove compare tutto lo stridore della distanza tra lei, pagana e quel profeta, ebreo, dice padre Elia Citterio. Non minimizza la distanza, la sottolinea, la rimarca e quando Gesù le rinfaccia che non si dà il pane ai cagnolini (i pagani erano chiamati ‘cani’ dai giudei), non si lamenta e non si ritrae sdegnata del paragone, sviluppa anzi il paragone a suo favore. Riconosce che non ha diritto a quel pane, ma che per la sua sovrabbondanza alcune briciole possono cadere anche per lei. Grande era la sua fiducia in quel profeta e nello stesso tempo era priva di qualsiasi pretesa.
L’aspetto misterioso che va colto è il fatto che fiducia e indegnità vanno di pari passo, mentre normalmente, nelle dinamiche interiori che possiamo osservare, tendiamo a separarle. Invece l’una è custode dell’altra, l’una dice la sincerità dell’altra. Davanti al Signore il nostro cuore è come la donna cananea.
Con il cuore gonfio, riprendo a gridare, a supplicare, a cantare, davanti al Suo Volto:
ελέησόν με, Κύριε… Κύριε ελέησον! Abbi pietà di me, Signore…Kyrie eleison!
Non c’è qua il nocciolo del Vangelo? Cosa potrei aggiungere?
Il pellegrinare di quest’estate mi ha condotto qua -a questo incontro, a questo brano della Scrittura, a questo grido glorioso e fiducioso della Liturgia-, come i fiumi che si ricongiungono con il mare:
la sorgente della Grotta, i fiumi e le cascate dei Pirenei, le onde cobalto del mar Egeo e quelle turchese delle spiagge di Tiro e Sidone, risuonano nel mio cuore con il Kyrie eleison della cananea e del pellegrino russo, davanti allo splendore dell’Amore misericordioso che i Tre riversano sull’umanità afflitta e angosciata, perdonando, accudendo, accogliendo, medicando, guarendo, sfamando, dissetando…
Se solo conoscessimo il Dono di Dio…
Padre Guglielmo Spirito