La storia è ricca di grandi uomini e grandi donne; nomi di guerrieri, di poeti, di artisti; nomi di politici, navigatori, inventori: figure impossibili da scordare. Fra questi però spiccano anche anime la cui grandezza non è dovuta a una battaglia vinta o a una scultura realizzata, a un’invenzione o a una scoperta, ma semplicemente alla propria bontà e al proprio cuore. Fra questi un posto speciale spetta di diritto ad uno degli uomini di fede più grandi della storia dell’umanità: San Francesco d’Assisi.
Nato ad Assisi nel 1182 dal ricco mercante Pietro Bernardone e Pica di Provenza, fu inizialmente battezzato col nome di Giovanni ma, data la provenienza francese della madre e il commercio di “panni franceschi” (cioè fabbricati in Francia) esercitato dal padre, fu comunemente chiamato Francesco da tutta la comunità. Come tutti i giovani di ricca estrazione, Francesco ricevette una buona educazione, partecipando alla vita cittadina fra “scorribande” e giochi con gli amici. Prese parte a un conflitto fra Assisi e Perugia, cadendo prigioniero del nemico dopo la disastrosa sconfitta di Collestrada (1202 d.C.), venendo successivamente riscattato col denaro versato dal padre. Era il 1203.
Ritornato dalla prigionia gravemente malato, il giovane iniziò a provare una profonda crisi morale e religiosa, segnato dall’esperienza della guerra, della prigionia e della malattia; pensò di aderire alla quarta crociata ma, ammalatosi di nuovo e impossibilitato nel muoversi, stando la tradizione, iniziò ad avere alcune visioni mistiche che velocemente lo spinsero a seguire una vita nel segno della rinuncia ai beni terreni in favore di una vita dedicata a Dio e alla carità verso il prossimo; la più nota di queste apparizioni avvenne nella chiesa di San Damiano, dove Francesco avrebbe udito il crocifisso parlargli invitandolo a riparare “[…] la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”.
Da quel momento la vita di Francesco mutò; iniziò a vendere i panni del padre donando i ricavati ai poveri e ai sacerdoti; il padre, reso furioso, temendo la dissoluzione della propria fortuna, lo citò d’innanzi ai consoli affinché rinunciasse all’eredità. Appellandosi al tribunale del vescovo, non solo Francesco acconsentì alla rinuncia, ma si spogliò degli stessi abiti restituendoli al padre.
Da lì ebbe inizio la grande svolta della sua vita, la quale fu interamente dedicata alla missione di restaurare l’integrità morale e spirituale della Chiesa.
Fedelmente seguito dai primi seguaci, Francesco iniziò la predicazione della parola di Dio, seguendo una vita incentrata su penitenza e carità, assistendo i lebbrosi e vivendo giornalmente attraverso l’elemosina e il lavoro manuale. Francesco si dedicò alla propria missione predicando fra Toscana, Umbria e Abruzzo con tale fervore da affascinare chi lo ascoltava a tal punto che i suoi seguaci iniziarono ad aumentare numericamente.
Ovviamente tutto ciò stava destando l’attenzione di Roma e della corte papale, all’epoca alle prese coi movimenti pauperistici e con l’eresia catara – contro la quale sarebbe stata bandita una crociata -. Per nulla spaventato dalla crescente attenzione e dal sospetto che il suo movimento stava destando, Francesco decise allora di recarsi nella città eterna per ottenere l’elevazione del suo movimento a ordine. Benchè inizialmente osteggiato e sospettato di eresia, la grande fede di Francesco, che mai pose in dubbio la gerarchia ecclesiastica, ottenne il riconoscimento del proprio ordine verbalmente da Papa Innocenzo III nel 1209. Vide la luce l’Ordine dei Frati minori, il primo fondato da Francesco (cui avrebbe fatto seguito il secondo ordine delle clarisse di Santa Chiara e dal Terzo Ordine Francescano o dei francescani secolari), confermato per iscritto dal successore di Innocenzo III, Papa Onorio III, nel 1223 ( bolla Solet Annuere).
L’opera di Francesco non si fermò, ma divampò; i conventi dell’ordine si moltiplicarono; la predicazione francescana colpiva le genti d’Italia e d’Europa, fungendo anche da contrasto all’azione delle eresie, in primis dei catari. Francesco tentò anche di portare la parola dei Vangeli in Egitto, allora obbiettivo della Quinta Crociata, con l’intenzione di convertire al cristianesimo il sultano Al-Malik, nipote di Saladino, suscitando grande ammirazione nel musulmano senza ottenerne però lo scopo della conversione.
Tornato in Italia, nella notte di Natale del 1223, introdusse l’usanza del presepe per ricordare la nascita del figlio di Dio. Un anno dopo, nel 1224, stando alla tradizione cattolica, Francesco ricevette miracolosamente le “stimmate”, ovvero i segni delle cinque piaghe di Cristo, considerate da Dante come il “Terzo Sigillo”, cioè l’approvazione Divina del suo operato (dopo quelle di Innocenzo III e Onorio III).
Francesco moriva il 3 ottobre 1226, secondo la tradizione tra il canto delle allodole; 16 Luglio del 1228 veniva canonizzato da Papa Gregorio IX. Ogni 4 Ottobre la sua figura è ricordata.
San Francesco, elevato a patrono d’Italia da Papa Pio XII nel 1939, è una delle figure più importanti nella storia d’Europa e della Cristianità; non fu soltanto il fondatore di uno dei principali ordini monastici, ma fu anche il principale esponente della letteratura religiosa umbra del Duecento, autore di diversi inni e preghiere, scritti in volgare per abbattere le barriera tra la religione del chierico e quella del popolo; tra le opere citiamo su tutte il Cantico delle creature.
Ma al di là dei discorsi di fede, la figura di San Francesco colpisce profondamente per un grande insegnamento, ovvero che la vera felicità non sempre si trova nei beni materiali o sull’egoismo individuale, ma nella gioia di donare se stessi per un qualcosa di più grande, ovvero l’amore verso il prossimo.
Nicolò Dal Grande