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AUGUSTUS. 2000 ANNI DI GLORIA. di C. Valente

Il 2014 è un anno molto particolare per le sue ricorrenze: è il centesimo anno dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, i milleduecento anni dalla morte di Carlo Magno, ma è noto soprattutto per l’anniversario speciale che lo rende l’anno del bi millenario di Augusto, il primo Imperatore.

Per oltre due millenni la figura di Augusto ha ispirato grandi personaggi e interi popoli per le sue gesta, la sua eredità e la sua gloria. Non è dunque un’esagerazione ritenere quest’uomo uno dei personaggi più illustri della storia dell’umanità. Proprio lo scorso 19 agosto è ricorso il due millesimo anniversario della sua morte, avvenuta a Nola nel 14 d.C., quando il Princeps aveva raggiunto i 76 anni di età.

Ma chi era quest’uomo? Perché è stato così celebrato, onorato, imitato e certe volte invidiato nei duemila anni che si sono succeduti dopo la sua morte?

Lo storico romano Svetonio, nel secondo libro della sua opera “Vita dei Cesari”, descrive la sua storia narrandoci che nacque a Roma il 23 settembre del 63 a.C., poco prima dell’alba sul colle Palatino quando Marco Tullio Cicerone e Marco Antonio erano consoli. La sua famiglia, la gens Ottavia apparteneva al rango senatorio dai tempi di re Tarquinio Prisco ed era diventata patrizia sotto Servio Tullio, ma dopo qualche tempo era tornata nei ranghi della plebe e fu solo Giulio Cesare (prozio di Ottaviano) ad elevarla nuovamente tra i patrizi.

Ottaviano crebbe nella fattoria della sua famiglia a Velletri nascendo con il nome di Ottavio; il padre, Gaio Ottavio, un eccellente politico molto facoltoso, morì quando aveva quattro anni. Sua madre era Azia Maggiore, figlia di Giulia Minore (sorella di Cesare) e di Marco Azio Balbo, discendente di una nobile famiglia di senatori e imparentata sia con Giulio Cesare che con Gneo Pompeo Magno.

La fortuna di Ottavio iniziò quando, benché malato, raggiunse il prozio Giulio Cesare in Spagna dove questi era impegnato in una campagna contro i figli di Pompeo. Ottavio fece naufragio e rischiò di morire pur di essere accanto all’illustre parente e questo gli fece guadagnare il rispetto di Cesare che lo adottò quale figlio.

Dopo la morte di Cesare, nel 44 a.C., il suo testamento indicava Ottavio quale suo erede: il dittatore gli lasciò in eredità tutto, persino i suoi nomi (che comprendevano anche Imperator) dando inizio alla tradizione del passaggio e dell’ereditarietà dei nomi tra gli Imperatori e alla trasformazione di Caesar in un vero e proprio titolo. Cicerone, giudicando Ottaviano abbastanza giovane e inesperto per essere manovrato dall’aristocrazia senatoria, decise di appoggiare la sua ascesa politica contro un ambizioso Marco Antonio. Dopo la guerra di Modena contro Antonio Ottaviano si dimostrò particolarmente furbo stringendo un’alleanza con il suo nemico e Lepido formando il Secondo Triunvirato, l’istituzione con cui gli eredi di Cesare governarono la Repubblica dopo essersi alleati per vendicare il dittatore; si trattò di un’alleanza politica tra Ottaviano, erede di Cesare, Marco Antonio, il più esperto e decorato comandante militare dell’epoca e Marco Emilio Lepido, a quel tempo Pontefice Massimo. Ottaviano fece allora assassinare tutti coloro che avevano appoggiato i cesaricidi (tra qui lo stesso Cicerone) e con Antonio li sconfisse definitivamente in Grecia, nella battaglia di Filippi.

Con Antonio costrinsero quindi all’esilio un sempre più ambizioso Lepido, ma iniziò di conseguenza una nuova e più elevata competizione tra i due: mentre Ottaviano governava l’Italia e la parte occidentale della Repubblica, Antonio deteneva il potere nelle provincie orientali e gestiva i rapporti con gli Stati clienti di Roma (in giallo). Per suggellare l’alleanza Ottaviano fece sposare ad Antonio sua sorella Ottavia, mentre lui procedeva con un’astuta ed efficace propaganda politica unita ad una serie di accordi e alleanze. Il patrimonio di Cesare e i frutti delle passate conquiste gli permisero di compiere donazioni al popolo acquisendo sempre più popolarità. Nel frattempo sembra che Antonio volesse realizzare l’ultimo progetto di Cesare: la conquista del potente regno dei Parti.

Ottaviano era assistito da un suo caro amico: Marco Vipsanio Agrippa, abile architetto e ottimo condottiero militare, secondo molti il vero autore dei successi militari del futuro Imperatore.

Marco Antonio nel frattempo si alleò con la regina d’Egitto Cleopatra VII e con lei iniziò una serie di guerre in Armenia e Siria. Quando Antonio ripudiò sua moglie per sposare la regina, Ottaviano ottenne dal Senato di dichiarare guerra a Cleopatra per aver stregato un nobile cittadino romano e messo in pericolo l’unità dello Stato. Un colpo da maestro: la guerra sarebbe stata fatta alla pericolosa regina orientale e non ad altri Romani.

Nel 31 a.C. avvenne la battaglia navale di Azio dove Antonio e Cleopatra furono sconfitti e ricacciati in Egitto. Dopo il loro suicidio l’Egitto fu annesso come provincia romana a “statuto speciale”: l’Egitto era amministrato da un governatore scelto personalmente da Augusto e anche con gli Imperatori successivi esso fu considerato provincia sottoposta solo all’Imperatore in cui i senatori non erano ammessi.

Sconfitto Antonio, Ottaviano era l’unico padrone di Roma e della Repubblica. Ebbe tre mogli: Clodia Pulcra, Scribonia e Livia Drusilla. Da Scribonia ebbe l’unica figlia naturale, Giulia e Livia aveva già figli dal precedente matrimonio, tra cui Tiberio suo futuro successore. Fece sposare sua figlia a molti mariti tra cui il suo amico Agrippa che gli diede due nipoti: Gaio Cesare e Lucio Cesare. Ottaviano voleva renderli suoi eredi, ma morirono in giovane età. In seguito alla morte di Agrippa Giulia dovette sposare il fratellastro Tiberio.

Ottaviano si impegnò moltissimo per risolvere la grave crisi economia che imperversava la Repubblica con varie donazioni al popolo e ai veterani del suo esercito. Queste donazioni furono fatte anche ai nemici politici di Ottaviano con il preciso scopo di trasformarli in alleati. Con la sua politica inaugurò l’era della Pax Romana ponendo fine alla triste epoca delle guerre civili che  avevano diviso i Romani per lungo tempo.

Un altro grande problema che Ottaviano si trovò ad affrontare fu il calo delle nascite tra i Romani, dovuto al fatto che questi prestavano più attenzione alle carriere politiche e lavorative piuttosto che alla creazione di famiglie oppure consideravano i bisogni dei figli come un peso troppo difficile da sostenere. Ottaviano riorganizzò le leggi e le finanze dello Stato per dare agevolazioni alle famiglie e per favorire le carriere politiche, sociali e militari degli sposi e dei genitori avviando un nuovo aumento della popolazione romana.

Nel 27 a.C. Ottaviano annunciò di volersi dimettere dal suo ruolo di capo dello Stato; il Senato rifiutò le sue dimissioni e il 13 gennaio del 27 gli conferì il nome di Augustus, il protetto degli dei. Di fatto, il 13 gennaio del 27 a.C., è considerata la data di fondazione dell’Impero Romano. Ottenuto il suo nome sacro, Augusto si dedicò all’espansione dell’Impero e all’esportazione del diritto, della cultura e della pace dei Romani. Nel 23 a.C. ottenne dal popolo la tribunicia potestas ovvero l’insieme dei poteri e degli attributi del tribuno della plebe che gli permettevano di porre il veto sulle leggi e i decreti del Senato e rendevano la sua persona sacra e inviolabile, comprendeva anche i poteri del censore, quindi diritto di convocare il Senato e di elevare un cittadino ad una classe sociale superiore, oppure di degradarlo. A tutto questo Augusto accomunò lo Ius Auxilii ovvero il potere di prendere qualunque provvedimento al fine di proteggere i Romani da qualunque abuso, facendone il protettore dei Romani, e lo Ius Edicendi che lo metteva a capo della distribuzione di cibo nell’Urbe e della cura dei palazzi e delle città, oltre al potere di emanare egli stesso nuove leggi. Nel 19 d.C. il Senato gli conferì l’imperium consulare a vita, questo consentì ad Augusto e a tutti suoi successori di essere consoli ogni volta che volevano. Ottaviano Augusto si fregiò anche dell’imperium maius et infinitum che gli garantiva il comando delle forze militari e il controllo delle provincie considerate più instabili dell’Impero: fu così che le provincie furono divise tra quelle controllate direttamente dall’Imperatore e altre sotto il controllo del Senato.

Nel 12 a.C., alla morte dell’ex triunviro Lepido, Augusto ottenne la carica di Pontefice Massimo. Ormai era il Princeps e Primus Inter Pares (Primo dei suoi pari), il primo esemplare di Imperatore romano: colui che otteneva a vita tutte le cariche politiche più importanti della Repubblica e il massimo ruolo religioso della tradizione romana.

Nel 9 d.C. l’avanzata dell’Impero si fermò a causa della disfatta di Teutoburgo: in Germania il generale Varo condusse al massacro 20.000 uomini, divisi in tre legioni, presi in un’imboscata. Quel disastro bloccò per sempre l’avanzata romana verso il cuore dell’Europa e la Russia.

Questa disfatta fu una grave disgrazia per Augusto a cui si unì il dolore nel dover esiliare sua figlia Giulia, colpevole di adulterio.

A Roma Ottaviano organizzò un vero e proprio rinascimento favorendo il Circolo di Mecenate dove si radunavano vari artisti, come il poeta Virgilio, che sostennero il Princeps nella sua opera di ricostruzione della cultura e della produzione artistica dei Romani.

Arrivato in tarda età e senza più discendenti naturali, Augusto adottò Tiberio, figlio di Livia, il quale sarebbe stato Imperatore dopo la sua morte.

Non fu un comandante militare esperto, ma fu spietato con i suoi nemici in tempo di guerra, in pace si dimostrò abbastanza saggio da farne alleati, lavorò duramente per salvare il suo popolo dai suoi errori oltre che dai suoi nemici ed ebbe un grandissimo successo. Fu un mecenate straordinario dando inizio ad un Rinascimento antico ricevendo in dedica il mese di agosto. È uno degli uomini più invidiati e imitati della storia perché ebbe successo in quasi tutte le sue opere, perché con il suo acume e la sua ispirazione diede inizio ad un’epoca sbalorditiva, trasformò una Repubblica decadente nel grande Impero da cui l’Occidente discende e che senza di lui non ci avrebbe lasciato nessuna eredità.

Narra Svetonio che Augusto morì a Nola, mentre tornava a Roma da Napoli. Quel 19 agosto di duemila anni fa, dopo aver discusso allungo con Tiberio, fece entrare i suoi amici più cari  e domandò “se sembrasse loro che avesse recitato bene la commedia della vita.” Uno dei più grandi uomini della storia concluse il suo passaggio sulla Terra alle tre del pomeriggio, con questa formula, che dopo duemila anni ancora ci ricordiamo:

“Se dunque va bene, date alla commedia il plauso

e tutti accompagnateci con gioia.”

 

Carlo Valente

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