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IMMIGRAZIONE: LE INVASIONI SENZA L’EUROPA. di U. Nisticò

Sotto l’aspetto geografico, l’Europa è un’appendice dell’Asia, poco estesa e quasi senza confini naturali. Facile entrarvi, sia ciò avvenga invadendo a mano armata, sia per inavvertite lente penetrazioni. Cosa c’è di più europeo dell’Ungheria cattolica e latina? Ebbene, gli Ungari sono di stirpe e lingua ugrofinniche, come i Finlandesi, gli Estoni, parimenti europeizzati; ma come i Turchi che sono rimasti asiatici. Gli Slavi, distinti in molti popoli, parlano lingue indoeuropee anche molto conservative, però del gruppo orientale šatam e non del kentum occidentale. I membri della più orgogliosa nobiltà castigliana non hanno sempre facce visigote e sveve; e nemmeno cognomi. Vennero condotti in più luoghi schiavi tratti dalle galee ottomane (e perciò di ogni stirpe dell’immenso impero); schiavi caucasici; e troviamo tracce persino di amerindiani. Bastino gli esempi.

L’Europa è dunque stata invasa moltissime volte, e viene oggi invasa; tuttavia con una differenza sostanziale, che un tempo la politica e la cultura europee mostravano grande energia e capacità di assimilazione, che oggi non si riesce a vedere.

La prima e fondamentale assimilazione fu nei secoli quella religiosa. Lo straniero di altra fede era presto indotto alla conversione o da sincera adesione, o dall’evidenza del bisogno di essere accolto dal nuovo ambiente di vita e poter formare una famiglia regolare. Caso diverso fu quello di intere comunità come i Mori di Spagna o quanto restò di arabo in Sicilia e a Lucera: queste resistettero come identità religiosa e linguistica, per poi essere costrette o all’esilio o a forme coperte di assimilazione.

La cultura europea assorbì l’alta cultura araba, rendendola latina; e spacciando a volte per propria creazione quello che era un prestito; e dimenticando il passato arabo, che tuttavia compare a volte come sostrato di alcuni dialetti. La stessa sorte subirono in pochi casi le comunità ebraiche, conservando però una certa identità a Roma, a Venezia, in molti luoghi dell’Europa Centrale…

Altro caso a sé sono i cristiani ortodossi del Meridione, tollerati dai Normanni, perseguitati dagli Angioini; finché la repressione si estese alla grecità cattolica secolare, mentre veniva rispettata quella monastica.

Questi esempi del passato non trovano alcuna corrispondenza con quanto accade oggi di fronte a un fenomeno di immigrazione che sta divenendo numericamente cospicuo. Esclusa nemmeno per fantastoria ogni analogia con assimilazioni forzate o anche solo indirizzate, nemmeno si vedono ombre di operazioni culturali e sociali volte alla capacità di europeizzare i nuovi arrivati.

Vero tra loro non ci sono degli Idrisi che scrivono libri dedicati ai nostri re; né consiglieri musulmani di imperatori siciliani; né matematici e fisici della cui presenza approfittare. L’immigrato non si europeizza quando viene tra noi, parte già euroamericanizzato dal modello unico globale, e parla qualche inglese veicolare uguale a quello scorretto di tutti noi. Alla fine si convince di essere già europeo e gli manca solo di vivere in Europa. Sono identitari, e nemmeno tutti, i musulmani più osservanti.

E allora, è avvenuta l’assimilazione? No, il contrario: abbiamo tra noi dei globalizzati di pelle nera o gialla, in mezzo a globalizzati di pelle chiara.

Perciò non c’è un modello europeo che gli immigrati potrebbero o respingere o accettare o almeno discutere. Anzi è politicamente corretto, secondo qualcuno, non mostrare alcun modello, donde, per fortuna solo ogni tanto, chi dal programma scolastico vorrebbe levare Dante per non turbare questo o quello. Niente paura, sono i novatores di breve durata, che ostentano un modello americano mal compreso. Negli Stati Uniti degli anni 1980 introdussero a scuola i canti tribali africani per rispetto dei neri, e il risultato fu di creare una generazione di esperti in genealogie sudanesi e condannati alla disoccupazione ed emarginazione. Altro discorso è un Obama, il quale ha tutti i pregi e tutti i difetti e tutte le colpe di tutti gli altri presidenti degli Stati Uniti, e in nulla la sua azione è condizionata dalla pigmentazione cutanea. Egli o la Rice sono esempi soddisfacenti di assimilazione; come lo sarebbe, un giorno, un cittadino italiano di pelle scura che si sentisse italiano, e come tale membro di un governo precario e sempre provvisorio, e non un fortunato vincitore della lotteria in nome dell’Africa come fu, per fortuna fugacemente, la Keynge.

Incapaci di assimilare gli stranieri, e anche di respingerli, corriamo il pericolo di un’Europa multietnica, condannata, per sopravvivere, a contentarsi di espedienti di convivenza inevitabilmente precari; e che si possono mantenere solo rinunciando a ogni valore e fede.

Ulderico Nisticò

 

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