La questione linguistica in seno all’Europa comunitaria, in genere, e in particolare per quanto concerne l’italiano, è male impostata non solo dai faccendieri infiltrati nelle istituzioni europee ma dagli Italiani stessi. É per questo che la situazione si è degradata a tal punto che negli ultimi anni l’italiano è stato messo da parte con successivi colpi di mano che non trovano alcuna giustificazione né dal punto di vista della legalità, né da quello della legittimità tenuto conto del peso storico, demografico, politico, economico e culturale dell’Italia in seno alla Comunità Europea.
È il presupposto di partenza che è sbagliato nella misura in cui la questione linguistica non solo non è regolata secondo la lettera e lo spirito dei Trattati ma non viene neanche affrontata in un’ottica di interesse generale dell’Europa e al servizio del suo progetto di integrazione, progetto che dovrebbe comportare la messa a disposizione dei cittadini europei di tutto il patrimonio culturale comune, ma solo in un’assurda logica di espansionismo coloniale e di “business”. Il processo di integrazione dell’Europa è invece ben altro che un’impresa di carattere commerciale.
Le cosiddette lingue internazionali che sono diventate tali attraverso le conquiste militari, la colonizzazione e lo sfruttamento di popolazioni inermi, non sono necessariamente le più importanti e le più adeguate a costruire l’Europa, a rappresentarla, a diffonderne i valori, a educare i giovani europei al vivere insieme. All’interno delle frontiere dell’Europa le lingue più importanti sono quelle che le hanno conferito identità, sono quelle il cui spessore culturale brilla di luce propria sull’intero pianeta, sono quelle il cui peso demografico le rende imprescindibili. I locutori extra-europei dei vari Paesi del Mondo, non contano perché non sono “cittadini europei” e i loro Paesi non sono coinvolti nel processo di integrazione che investe l’Europa.
La componente italiana, presente sin dalla nascita del progetto di integrazione, fa parte del tessuto connettivo della costruzione europea e vi assume un ruolo fondamentale. Far sparire l’italiano dal contesto di integrazione dell’Europa sarebbe un inammissibile raggiro, una frode nei confronti di tutti i cittadini europei.
L’italiano pur non essendosi imposto attraverso le conquiste militari è, di fatto, una lingua internazionale, appresa e parlata nel mondo intero per l’accesso che dà allo straordinario patrimonio archeologico, artistico, culturale, spirituale che l’Italia possiede. L’italiano è la lingua della musica e della cultura, conosciuta in tutta l’America Latina non solo a motivo dell’immigrazione ma grazie al modello culturale che la lingua veicola, è la lingua della Santa Sede, della Repubblica di San Marino ed è una delle tre lingue ufficiali della Svizzera, è la lingua della Pace e della Nonviolenza e resta, malgrado tutto, la sola, vera, naturale “lingua franca” di tutto il bacino mediterraneo. L’italiano è una lingua chiara, armoniosa, logica e rigorosa, matrice della creatività italiana, gioiello del patrimonio culturale europeo, non vedo veramente perché mai dovrebbe, in seno al processo di costruzione dell’Europa, lasciare il passo ad altre lingue per farsi rappresentare. Permettere che si compia un tale misfatto significherebbe spogliare l’insieme dei citadini europei di una dimensione irrimpiazzabile del retaggio culturale che gli appartiene.
Anna Maria Campogrande, Presidente di Athena
* Si ringrazia Athèna, Associazione per la difesa e la promozione delle lingue ufficiali della Comunità Europea.