Intendiamo rivolgere questo appello a tutti coloro che non ritengono di dover odiare il popolo russo… La precisazione è doverosa dal momento che ormai da tempo – ancor prima che scoppiasse la crisi ucraina – alcuni mass media dedicano alla Russia e al presidente Putin quella dose quotidiana di “cinque minuti d’odio”, che ricorda da vicino la “Settimana d’odio” indetta ogni anno contro il fantomatico “nemico” nel romanzo 1984 di Orwell.
Questa informazione “di guerra” che tende a descrivere Vladimir Putin come un nemico del bene comune singolarmente contrasta con ciò che accade in maniera sempre più intensa nelle relazioni tra italiani e russi: caduta la cortina di ferro i due popoli si sono avvicinati, le loro economie si stanno integrando, i flussi turistici si incrementano. Italia e Russia – per ragioni strutturali – si scoprono ogni giorno di più “partner preferenziali”. E non è solo questione di merci e petrolio, ma anche di tradizioni, di affinità nel sentimento comune e di prospettive geopolitiche.
Per tale ragione, ci appelliamo a tutti coloro che hanno la responsabilità grave di diffondere informazioni: non vogliamo contrapporre slogan a slogan, ma invocare il senso di equilibrio e di giustizia.
Nella sua classica raffigurazione, la Giustizia è una bilancia, con due piatti che necessariamente devono essere in equilibrio. Quando si giudica una questione bisogna valutare il peso e il contrappeso e sempre inserire il singolo fatto nel contesto generale.
Chiediamo pacatamente a coloro che oggi parlano di “invasione della Crimea”: cosa scrivevate e cosa dicevate nei telegiornali quando fu invaso, sulla base di prove artefatte, l’Irak? O quando è stata invasa la Libia, producendo un caos spaventoso alle porte dell’Italia? In confronto a questi eventi luttuosi non si può non notare che nella presunta invasione della Crimea le pistole non fumano e i fucili non sparano, neppure a salve.
Coloro che parlano di illiceità del referendum di autodeterminazione della Crimea, cosa dissero quando da parte occidentale si promosse l’autodeterminazione del Kosovo? Oggi il territorio del Kosovo è diventata stazione di passaggio del narcotraffico mondiale. Stiano sereni i severi censori del referendum del 16 marzo: ben diverso sarà il destino futuro della Crimea dopo che sarà cancellato l’atto arbitrario di Kruscev e la regione sarà reintegrata nella sua patria storica.
Stupisce dolorosamente che nei telegiornali Vladimir Putin venga definito dittatore e che la democrazia russa sia considerata una sorta di truffa. In Russia si tengono libere elezioni e le opposizioni sono agguerrite. E siccome nessuno è perfetto, le critiche, che esse rivolgono all’attuale governo sono pungenti. D’altra parte, se Vladimir Putin è di nuovo Presidente della Federazione russa il motivo è che una ampia maggioranza lo sostiene. Le critiche al sistema presidenziale russo (introdotto ventuno anni fa a seguito di referendum popolare) stupiscono ancor di più quando vengono enunciate da commentatori solitamente “benevoli” verso le istituzioni europee.
L’Unione Europea per molti aspetti è una grande creazione, che esprime la volontà dei popoli europei di incontrarsi e di integrarsi. Tuttavia non si possono nascondere le “sospensioni” di democrazia che spesso hanno caratterizzato questa istituzione sovranazionale. Le democrazie nazionali sono state talvolta “svuotate” in maniera notturna, quasi cospiratoria e quando le proposte di Costituzione Europea calate dall’alto sono state sottoposte a referendum esse sono state impietosamente bocciate dal popolo. Con questo non vogliamo negare valore al sistema con il quale i popoli tedesco, francese o polacco eleggono i loro rappresentanti… Viceversa qualche dubbio ci sorge sul modo in cui si è instaurato il nuovo governo di Kiev!
I mass media parlano di continuo di intrusioni russe negli affari dell’Ucraina. Ricordiamo però che ci sono prove difficilmente confutabili di interventi stranieri nella designazione del nuovo I Ministro ucraino. E quando si scopre che i cecchini che sparavano dall’alto degli edifici sui dimostranti non erano esponenti delle legittime forze dell’ordine, ma “professionisti del caos” che cercavano di aumentare le divisioni in seno a un popolo, è difficile non pensare a quella che in anni bui della nostra repubblica si sarebbe definita una “strategia della tensione”.
Oggi l’Europa invece ha bisogno di dis-tensione; la cortina di ferro è caduta e non deve più risorgere. Il clima di guerra fredda che alcuni vorrebbero propiziare deve essere sostituita da una calda collaborazione tra tutti i popoli del continente. Avanziamo un sospetto: l’excalation di contrasti che si è verificata negli ultimi mesi è forse il frutto di forze esterne che cercano di spaccare artatamente il continente europeo paventandone l’integrazione. Certo, ci sono poi le peculiari situazioni della politica ucraina (la crisi economica, le speranze di un popolo frustrato da tante delusioni, le legittime volontà di cambiare la propria classe dirigente): tuttavia tale situazione politica di disagio sarebbe dovuta evolvere in un cambiamento democratico e in una discussione pacifica e ponderata.
In quella discussione magari si sarebbe potuto prendere in considerazione lo sviluppo del Prodotto Interno Lordo della Russia negli ultimi dieci anni in confronto alla stagnazione dell’Ucraina, l’aumento del potere d’acquisto dei cittadini russi, i tassi di occupazione russi e confrontarli con le misure rigidissime che sarebbero seguite a una adesione dell’Ucraina all’area dell’Euro. Si sarebbe potuto chiedere agli operai delle acciaierie quale sarà il loro destino quando verranno applicati i rigidi protocolli che sono tipici dell’Unione Europea.
Su tutto questo si può discutere, però una cosa non si può fare: stravolgere il senso delle parole, diffondendo calunnie atroci. Ricorre nei media una frase: “Putin minaccia di affamare l’Ucraina”. In che modo? Facendo pagare i rifornimenti energetici a quello che è il prezzo di mercato? Rivolgiamo una controdomanda: forse, dal canto loro, Texani e Sauditi regalano il petrolio? E’ ovvio che l’Ucraina facendo parte del suo naturale contesto di relazioni con la Russia godesse di un regime privilegiato di rifornimenti energetici. Ed è altrettanto ovvio che chi soffia sulle divisioni tra Ucraini e Russi contraddice, in buona o in cattiva fede, quella che è la naturale collocazione storica e geopolitica della repubblica di Kiev.
Il discorso è lungo e complesso ed è ovviamente lecito avere idee diverse. Noi stessi ci siamo sforzati di incontrare interlocutori con idee diverse. Auspichiamo però che tutte le voci del dibattito siano ospitate nei luoghi in cui si trasmette informazione.
Quanto a noi, da oggi stesso ci impegniamo a creare ponti tra i popoli europei, ma anche a denunciare con civile fermezza coloro che quei ponti vorrebbero far saltare.
Alfonso Piscitelli