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LA CEI VS LUPO CONTE. Di Francesco Mario Agnoli

La sera di domenica 26 aprile Giuseppe Conte ha aperto la sua ennesima conferenza televisiva per illustrare alla nazione il contenuto del suo ultimo (ed ennesimo) DPCM, destinato a regolamentare la cosiddetta Fase 2 dell’epoca Covid.19. Nell’occasione ha rivendicato il primato decisionale della politica e conseguentemente del governo, che in piena autonomia determina i contenuti dei propri provvedimenti dopo avere, quando occorre, ascoltato il parere dei tecnici. A smentirlo è intervenuta, pressoché in contemporanea, la ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, dichiarando all’ANSA di non potere “tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose”, non condivisibile in quanto “la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali”, e di non comprendere perché il governo si sia adeguato “alla rigidità del parere del comitato tecnico-scientifico”. In pratica la confessione che la disciplina di almeno una delle materie oggetto del DPCM (ma niente garantisce che si tratti solo di questa), per altro materia di particolare importanza in quanto coinvolge un diritto costituzionale dei cittadini, è stata dettata non dal governo (o dal suo presidente), ma da uno dei comitati tecnico-scientifici, a proposito dei quali gira sui social la battuta “Ultim’ora Protezione Civile: il numero degli esperti ha superato quello dei contagiati”. Alle dichiarazioni della ministra ha fatto seguito, a breve distanza, un comunicato con il quale i Vescovi italiani dichiarano che “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”, aggiungendo che “dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”. Chiaro a tutti, ma evidentemente non al sedicente cattolico Giuseppe Conte, supposto devoto di padre Pio. La Presidenza del Consiglio si è limitata a dichiarare di prendere atto della comunicazione della Cei con la tranquilla coscienza e la sufficienza del padrone, convinto di poter fare ciò che vuole. In realtà non sarebbe affatto così se il governo avesse per la Costituzione il rispetto che purtroppo non ha. La Legge fondamentale della nostra Repubblica, come ho già avuto occasione di scrivere su questa Rivista e tanti meglio di me hanno scritto e detto, oltre a stabilire il generale e fondamentale diritto alla libertà religiosa (artt. 8, 19 e 20), per quanto riguarda in particolare la religione cattolica stabilisce, attraverso la costituzionalizzazione del Concordato fra Stato e Chiesa (art. 7), che in materia lo Stato non è affatto libero di fare ciò che vuole dal momento che è assicurata alla Chiesa “la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”. Quindi ogni intervento dello Stato in materia richiede quanto meno il previo accordo della Chiesa. Accordo che evidentemente non vi è stato e non vi è se i Vescovi dichiarano di non potere accettare un provvedimento che compromette proprio il pubblico esercizio del culto col porre regole e divieti, sui quali la Chiesa cattolica non è stata nemmeno interpellata. Purtroppo è accaduto che in precedenza quegli stessi vescovi che oggi protestano non solo non avevano sollevato obiezioni contro i decreti-legge della Fase 1 (ultimo il d.l. n. 19/2020) e dei successivi DPCM, con i quali lo Stato interveniva unilateralmente in materia di culto, ma si erano affrettati a obbedire, chiudendo le porte delle chiese e invitando ripetutamente i fedeli alla più rigida osservanza. Forse credevano di farsi dei meriti e hanno dimenticato quanto insegna la saggezza popolare, per la quale chi concede il dito rischia di perdere tutto il braccio. O l’altro e ancor più significativo detto: “chi pecora si fa /lupo se lo magna”. E’ vero che nella Sacra Scrittura le pecore hanno un ruolo, tutto sommato, positivo ma, per l’appunto, ai vescovi spetterebbe quello di pastori, che include il dovere di proteggere le pecore e di difendere i loro diritti.

Francesco Mario Agnoli

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