Nel corso degli ultimi anni il debito pubblico ucraino è progressivamente aumentato in modo esponenziale, raggiungendo nel 2017 la cifra di 77,05 miliardi di dollari. Una cifra in costante aumento nel corso del 2018 e non ancora quantificata, mentre il tasso di inflazione ufficiale è stato calcolato al 10% nel periodo giugno – dicembre 2018. Dato peraltro confutato dai media che reputano sia eccessivamente sottostimato.
Il rappresentante dell’ONU in Ucraina ha dichiarato che circa il 60% della popolazione vive in una condizione di assoluta povertà, dato confermato dallo stesso Ministro ucraino per gli affari sociali. Il polso della difficile condizione di vita del popolo ucraino alla luce dei fallimentari dati economici è dato dall’aumento dei beni di primo consumo che nel 2018 è stato in media dell’80%. Il prezzo delle patate tra novembre e dicembre è raddoppiato, quello delle cipolle ha avuto un icremento del 115%, cavoli e carote del 60%, le barbabietole del 30%. Nell’arco dell’ultimo anno il pane, la farina, il semolino e la pancetta hanno subito incrementi tra il 14 e il 17%, mentre la carne, il pesce e le salsicce sono aumentate tra il 9 e l’11%. Si tratta di tutti generi alimentari di largo consumo per la maggior parte della popolazione. Il costo dei mezzi pubblici è aumentato del 26% mentre i farmaci costano il 10% in più rispetto al 2017.
Il governo di Kiev riconosce che il debito pubblico è una sicura minaccia per un possibile futuro ma vicino default. Senza nuovi prestiti l’Ucraina non è in grado di pagare i debiti precedenti, nella purtroppo tragica prospettiva di dover pagare tra il 2018 e il 2019 circa un miliardo di eurobond e 1,6 miliardi per i prestiti del FMI. L’alternativa sarebbero quindi gli aiuti del FMI, che a sua volta è ormai restio a fornire prestiti al Paese verso il quale vanta un credito di 12 miliardi di dollari. Inoltre l’FMI mostra di non tollerare i ritardi nella lotta contro la corruzione imperante in particolare tra i politici e gli oligarchi. E’ stato inoltre ritenuto insufficiente l’aumento del prezzo del gas per la popolazione, ancora oggi inferiore del 60% rispetto a quello internazionale.
Se il FMI ha ridotto i finanziamenti, al contrario l’Europa continua a sostenere Kiev, soprattutto per interessi politici e economici. Le stime della Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, indicano che per conferire una vera svolta all’economia, l’Ucraina avrebbe bisogno di circa 20 miliardi di euro ogni anno. Ma mentre gli investitori occidentali puntano ai Paesi Baltici e alla Turchia, l’Ucraina è considerata invece un’area economicamente a rischio. La complicata situazione del Donbass, le mire territoriali dell’Ungheria e della Polonia, i rapporti con la Russia, rappresentano un ostacolo per l’arrivo di fondi utili a rialzare le sorti economiche del Paese. Il sogno europeo degli ucraini è nello stesso tempo vicino eppure distante. La strisciante crisi è stata causa negli ultimi cinque anni dell’emigrazione di circa 2 milioni di persone alla ricerca di condizioni di lavoro adeguate a migliorare il loro tenore di vita, nella speranza che l’economia possa subire una svolta positiva e consentire di poter ritornare e contribuire alla rinascita del proprio Paese. Una speranza che potrebbe realizzarsi solo con l’accordo tra i vari attori politici che gestiscono la realtà di questa tormentata area geografica.