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IUS SOLI, TRA “RAGIONI” IDEOLOGICHE E INTERESSI ECONOMICI. Di Claudio Giovannico

Il pensiero unico dominante della attuale società globale dei consumi si fonda su precisi principi ideologici, rintracciabili nel soggettivismo e nel razionalismo di epoca moderna. Queste teorie, comparse intorno al XVI secolo, hanno conosciuto la propria massima espressione nel successivo pensiero filosofico illuminista e nella vicenda storica della rivoluzione francese. Di chiara matrice rivoluzionaria è uno dei concetti più (ab)usati nel nostro linguaggio politico: il concetto di nazione. Tale categoria filosofico-politica, sconosciuta al pensiero classico, esprimeva l’idea di un insieme indistinto di persone assimilabile a una collettività meramente insistente su un determinato territorio. Il concetto di nazione, pertanto, così come elaborato ed espresso dal pensiero giacobino, prevedeva l’abolizione e l’eliminazione delle identità e delle particolarità culturali e locali, le quali venivano così assorbite nel tutto indistinto delle categorie moderne di nazione e di Stato. Detta visione delle cose, che potremmo definire “cosmopolita”, ben corrisponde oggigiorno  alle ragioni di coloro i quali promuovono l’adozione dello ius soli. Contrariamente a quanto si possa credere l’idea di nazione nasce e si sviluppa in contrapposizione al concetto di identità, ponendosi pertanto in sostanziale contrasto con le istanze “nazionaliste” nostrane. Questi ultimi ambienti politici a cui ci si riferisce confondono troppo spesso e non senza colpa (anch’essa ideologica) l’idea di nazione con l’appartenenza ad una presunta esistente identità nazionale, uniforme, basata e sorretta su categorie poco chiare, quali la “stirpe”, che storicamente hanno finito per configurare supposti e inverificati miti razziali.

Questo tanto per ribadire quanto il concetto di nazione non sia altro che un mito, ideologicamente artefatto, il quale ha origine in un’ideologia che le categorie politiche della modernità pongono a sinistra e vogliono che si sviluppi a destra, quando invece appare evidente che si tratti molto più realisticamente di “due facce della stessa medaglia”.

La “medaglia” è quella della modernità e del relativo pensiero soggettivista e relativista, il quale non può che sfociare in un riduzionismo nichilista dal momento che non recando in sé alcun contenuto, è attraversabile da tutte le volontà, disponibile per tutti gli scopi. Tale lettura si presenta alla base del pensiero economico capitalista e del relativo concetto di società globale aperta: la globalizzazione, il nuovo ordine mondiale che vieta qualsiasi forma di pluralità e identità perché intese come ostacolo, barriera da far cadere per permettere la definitiva omogeneità indiscriminata tra gli uomini, anzi tra gli individui, i quali non devono presentare alcuna appartenenza o identità, sia essa di genere, etnia, cultura e/o territorio.

Per l’attuale società globalista e apolide il problema dell’identità viene trattato al pari di una qualsiasi questione economica, in ossequio a quel processo di reificazione dell’uomo e di quanto lo circonda, per cui tutto va compreso e analizzato sulla base del rapporto costi-ricavi.

In relazione alla questione sull’identità dei popoli si aggancia la vicenda relativa alla cittadinanza e al modello di acquisizione della stessa. Sono evidenti (tranne ai fanatici delle ideologie moderne) quali sarebbero gli effetti legati all’adozione dello ius soli. In pochi anni milioni di persone acquisterebbero in modo praticamente automatico la cittadinanza di un Paese, quello italiano, che statisticamente ha palesi e gravissimi problemi di denatalità, con una crescita demografica oramai da anni in negativo. In un’economia che annaspa, a fronte del progressivo calare dei redditi si manifesta il bisogno che cali di conseguenza il costo del lavoro. Pertanto, un simile aumento della popolazione non risponde ad altro che all’esigenza di recuperare nuovi schiavi da impiegare come manodopera a basso costo. Emergono, dunque, con forza le ragioni e gli interessi economici sottesi alla proposta dello ius soli, senza i cui esiti ed effetti l’economia italiana e quella europea in deflazione non potrebbero reggere.

Si badi, questi interessi non sono affatto casuali e autonomi ma rispondono con precisione e ideologicamente al pensiero soggettivista della modernità, giunto al suo stadio finale e più crudele.  Lo smantellamento delle identità culturali e legate al territorio vanno di pari passo con lo smantellamento degli altri tipi di identità dell’uomo per cui esso divenuto individuo, atomo della società, non comprende più il concetto di famiglia, nucleo essenziale della società e prima tappa dei rapporti tra uomini, in cui l’uomo nasce e cresce non per sua volontà o capriccio ma per “natura”. Ambiente in cui e per mezzo del quale la cultura di una comunità viene trasmessa di generazione in generazione, di padre in figlio, e che costituisce quel “patrimonio” (pater – munus) che è dovere e dono del padre verso il figlio.

L’eliminazione delle identità culturali fa dunque il gioco del Capitale, dal momento che tutto vuole meno che la tutela e l’interesse del popolo italiano, come anche dei poveri disperati che ogni giorno approdano sulle nostre coste. Tuttavia lo stesso concetto di nazione italiana non è altro che una reductio ad unum che semplifica barbaramente la storia dei nostri territori e le relazioni che nei secoli si sono avute con altri popoli.

Il problema non è allora nemmeno tanto lo ius soli in sé – che lo scrivente sarebbe anche disposto ad accettare in combinato a uno ius culturae – ma è l’assenza di una valida strategia d’integrazione dello straniero, che non va tuttavia scambiata né con una violenta annessione irrispettosa della cultura altrui, tantomeno con un’accoglienza indiscriminata e permissivista.

Questa credo sia la questione fondamentale, essenziale per affrontare una realtà problematica come quella dell’immigrazione di massa. Ovviamente allo stesso tempo adottare per ragioni ideologiche lo ius soli, privo di qualsiasi condizione e temperamento, rischia di produrre seri pericoli nell’ambito della pubblica sicurezza interna di un Paese che da soli bastano a giustificare un suo netto rifiuto, magari in vista di una discussione sul tema maggiormente ponderata, in merito altresì a misure collaterali da affiancare a una complessiva strategia di integrazione che sia in  grado di preservare l’identità di chi accoglie, come quella di chi viene accolto.

* Fonte dell’immagine: Wikipedia

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