Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Esplora:

PADRE MINOZZI E MUSSOLINI, UNA STORIA DI RISPETTO RECIPROCO. Di Gennaro Grimolizzi

La carità non aveva colori ed ideologie. Ed il capo del fascismo lo comprese

Padre Minozzi e Mussolini, una storia di rispetto reciproco

Padre Giovanni Minozzi e Benito Mussolini hanno conosciuto da vicino i sacrifici, i rischi e le violenze della Prima guerra. Entrambi sul fronte, il primo come cappellano militare, il futuro dittatore come soldato, ebbero modo di interloquire una dozzina d’anni dopo la fine della Grande guerra. Minozzi aveva fondato l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, Mussolini era diventato il capo del fascismo e del governo.

Il confronto tra i due – franco, nella diversità di vedute e nel rispetto reciproco – permise a Mussolini di apprezzare il valore di padre Minozzi. Tutto scaturì da alcuni fatti accaduti a Potenza. Nel 1930 Minozzi, animato dalla vivace intraprendenza nell’aiutare il prossimo e legatissimo all’amata Basilicata, fu costretto a difendersi dalle calunnie del Prefetto del capoluogo lucano, Giovanni Oriolo. Questi ultimi, secondo Minozzi, aveva una «condotta morale sfacciatamente scandalosa» e a seguito delle segnalazioni pervenute al ministero dell’Interno attivò la macchina del fango, la più disonesta per l’epoca: accusare di antifascismo chi si voleva demolire. Il tutto costruendo prove false con il sostegno di uno «scemarello di segretario federale».

Le accuse di propaganda antifascista giunsero a Roma e nel giro di poco tempo padre Minozzi iniziò ad essere visto con sospetto. Le attività dell’Opera controllate, i suoi scritti scandagliati per trovare parole ed idee che potessero sostenere la tesi del suo antifascismo. Mezzucci contro un religioso che fece dell’aiuto verso i più deboli, l’elevazione morale e religiosa del Mezzogiorno l’unica “ideologia” perorata giorno dopo giorno con azioni concrete. L’intento era chiaro, come disse lo stesso padre Minozzi: «Inghiottir l’Opera volevan ormai, fascistizzarla, mangiarsela». Lo sconforto prese sempre più corpo. «Fu l’inchiesta – ricorda padre Minozzi – più lunga, più grave che subii, quella che mi procurò più fastidi, mi costò più tempo e più pene. Per essa l’Opera perdè centinaia di migliaia di lire: contributi statali non più largiti, impegni presi da Enti non più mantenuti, somme varie garantite e scomparse, mutui non più avuti, promesse sospese: un inferno. Come vile il mondo!». Contro Minozzi anche il ministro dell’istruzione dell’epoca, Pietro Fedele, autore di una lettera indirizzata a Mussolini in cui si segnalava il fondatore dell’Opera come uno dei «peggiori antifascisti d’Italia». L’ostilità di Fedele rischiò di mandare in fumo il progetto contro l’analfabetismo messo in piedi da padre Minozzi e padre Semeria.

Ma nella lotta che sembrava impari tra le autorità, corrotte e scorrette, ed il fondatore dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia intervenne direttamente Mussolini. Troppo fango, troppe falsità. Padre Minozzi chiese al capo del governo di essere ascoltato. Di essere messo nelle condizioni di spiegare che tutto era stato costruito sulle falsità per distruggere l’Opera. A Palazzo Chigi Mussolini dedicò attenzione alle parole di Minozzi, si informò su tutto quanto realizzato fino a quel momento e ai progetti in cantiere. Il capo del Governo ebbe modo ancora una volta di constatare il valore di un uomo di Chiesa, che fece della carità la sua ragione di vita. Con Minozzi la conversazione spaziò dalla fede alle attività dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, fino a raggiungere la letteratura e la politica intesa nel suo senso più nobile: la propensione verso il bene comune. Quell’incontro servì a fugare ogni dubbio. L’Opera e padre Minozzi agivano nell’interesse dei più deboli e l’Italia aveva bisogno di loro. Mussolini scrisse di pugno sul fascicolo giunto sulla sua scrivania in cui erano contenute accuse infamanti “Agli atti!”. Tutto archiviato. Il ministro Fedele venne sostituito da Giovanni Gentile, che intrattenne con padre Minozzi ottimi rapporti, ed il Prefetto di Potenza Oriolo rimosso. Giustizia fu fatta.

Gennaro Grimolizzi

Condividi:

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dai blog