Il Cerchio, 2017 – Un saggio importante per facilitare lo studio della storia delle religioni nel continente europeo. Interessante il metodo comparativo adottato dalla studiosa Margarete Riemschneider.
A cura di Riccardo Pasqualin
Margarete Riemschneider (1899-1985) è stata una studiosa di storia delle religioni e delle civiltà antiche, nel 2017 il Cerchio ha pubblicato in italiano un suo testo del 1979, tradotto da Rosella Lanari: La religione dei Celti. La studiosa tedesca si era laureata in storia dell’arte a Monaco, e forse non è un caso se il suo approccio ha ricordato a chi scrive quello di Pierre-Michel Bertrand, anch’egli storico dell’arte, che ha spaziato dall’interpretazione dei simboli all’antropologia.
Un punto di partenza essenziale nella ricerca è chiarire chi siano i Celti, e la saggista definisce come elemento caratteristico ed essenziale della loro civiltà il culto di Lug, che si ritrova in tutti i territori che hanno colonizzato, dalla Gran Bretagna alla Spagna. Quella “celtica” è un’area decisamente vasta e ciò costituisce un aspetto problematico, poiché la vita religiosa, nell’antichità, poteva essere diversa da un centro all’altro e variare di regione in regione. Margarete Riemschneider tenta l’impresa di decifrare una concezione del mondo comparando i reperti artistici e i dati storici che emergono dalle diverse zone del continente europeo prese in esame: se tale visione del mondo “è rimasta inalterata attraverso i secoli” scrive l’autrice, “non varrebbe allora la pena d’indagarne la natura”?
Il culto dei Celti aveva i suoi particolarismi che lo separano da quelli dei popoli vicini: ad esempio non ebbero interesse per i pianeti e per i numeri, e probabilmente non avevano un padre degli dei come lo era Zeus per i Greci. Il capitolo più interessante dell’opera è forse quello che indaga il modo in cui i Romani raccontarono la religiosità celtica e le sue divinità. Forte è l’incomprensione dei latini, ma non mancano dei legami: secondo alcuni scrittori classici gli eroi caduti e gli uomini virtuosi venivano accolti nei Campi Elisi, isole dell’aldilà, ma anche i Celti insulari ritenevano che il paradiso fosse un’isola e riguardo ciò c’è molto di celtico nella leggenda di San Brandano d’Irlanda.
Alcune riflessioni della saggista sono figlie dell’epoca in cui il libro è stato scritto, il culto della “dea madre” presso gli indoeuropei e l’esistenza di un matriarcato (che avrebbe vissuto un contrasto col patriarcato) sono teorie ottocentesche oggi del tutto superate. Vero è che la studiosa opera dei distinguo, va riconosciuto che ella definisce l’ordine matriarcale come qualcosa di diverso da un’organizzazione sociale, si limita infatti a sostenere l’esistenza di un matriarcato spirituale:
“Non si tratta affatto però d’una supremazia della donna o dell’uomo: anche nel matriarcato il re è nei confronti del mondo esterno il dominatore incontrastato, anche se solo in quanto rappresentante della divinità femminile. Nel patriarcato domina certamente l’uomo, ma la causa dei sanguinosi contrasti non è dovuta al fatto che egli sia il capo della famiglia, ma piuttosto della discendenza”.
Tuttavia questo aspetto trascurabile non rende il libro La religione dei Celti meno prezioso: “Sarebbe consigliabile iniziare lo studio della storia delle religioni dell’Europa partendo da quella dei Celti”.
La religione dei Celti
- Autore: Margarete Riemschneider
- Anno di pubblicazione: 2017
- Costo: € 25.00
- Acquisto diretto: https://ilcerchio.it/la-religione-dei-celti.html.html