“INSTRUMENTA. MESTIERI E ATTREZZI DEI ROMANI”, IL NUOVO LIBRO DI GIUSEPPE CASCARINO. A cura di M. Triggiani

Cascarino G., “Instrumenta. Mestieri e attrezzi dei Romani”, Il Cerchio, 2023

La scuola storica degli Annales, che derivava dalla rivista fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre, sosteneva l’importanza della microstoria e degli aspetti sociali ed economici, per spiegare certe dinamiche.
Studiare i mezzi di produzione, le modalità di lavoro, la composizione e l’organizzazione dei gruppi di lavoratori è importante per capire non solo lo sviluppo economico ma anche la composizione della società, le aspirazioni del popolo e l’organizzazione dello Stato. Per questo Giuseppe Cascarino, ricercatore indipendente e storico di Roma antica, ha esteso, nel tempo, il suo campo di ricerca dall’interesse prevalente per la storia militare romana all’organizzazione dei castra, alla realizzazione delle armi, all’arte della cavalleria, alla costruzione degli elmi e delle strade destinate a collegare tutti gli angoli dell’impero fino ad aspetti che hanno una reale importanza nell’insieme della civiltà romana.
La casa editrice il Cerchio ha pubblicato l’ultimo volume del ricercatore, Instrumenta. Mestieri e attrezzi dei romani (Cerchio ed., pagg. 363, euro 34.00). Un interessante volume con schede, fotografie, disegni sui mestieri e soprattutto sugli attrezzi da lavoro. I lavori manuali erano considerati poco onorevoli, mentre il lavoro nei campi era considerato di alto prestigio. Il patriziato latifondista aveva rilievo sociale e anche i contadini erano stimati per la pratica dell’agricoltura, tanto che Plinio sottolinea che i gruppi delle varie comunità, che vivevano dalla campagna, erano i più apprezzati, ritenuti vigorosi e produttivi mentre i gruppi che affollavano la città erano considerati pigri e poco produttivi. Catone, in una guida alla gestione di un’azienda agricola, sottolinea come l’agricoltura sia l’attività più onesta e meritevole per un cittadino romano operoso. Addirittura era proprio sulla sana e oculata gestione delle varie attività che si basava il Mos maiorum, le regole etiche della tradizione romana. Si tratta di aspetti non certo secondari se si pensa che per ogni romano la massima aspirazione non era arricchirsi ed essere benestante quanto raggiungere un elevato rango sociale. Per gli aristocratici un mestiere manuale – eccetto quello dell’agricoltore – era un lavoro ignobile perché vendeva il lavoro delle braccia e non quello della mente. Cicerone, in De Officiis definisce mestieri volgari tutti quelli manuali. Non solo: le leggi ostacolavano gli aristocratici a fare i commercianti. Ma al di là di questo, nella società romana tutti i mestieri e le professioni erano necessari per il funzionamento dell’economia e della vita quotidiana. Ma i tempi cambiarono e nel periodo postaugusteo, il commercante arricchito che disponeva di lavoranti era considerato un imprenditore e nell’iconografia funeraria emergeva la differenza rispetto al passato: il lavoratore che raggiungeva un elevato rango sociale era rappresentato bene, magari indossando addirittura la toga! Testimonianze che celebravano il lavoro ben fatto per una vita intera, apprezzando l’aspetto creativo che il lavoratore metteva nella sua attività tanto da divenire un imprenditore vero e proprio. Dimostrava creatività ma anche conoscenze tecniche, dalle quali derivavano prestigio e rispetto. Anche i liberti finivano per esercitare mestieri e a volte anche professioni o arti. Di particolare interesse il dato che con il passare del tempo i lavoratori finivano per creare dei collegi, vere associazioni professionali, antesignani degli ordini. Secondo Plutarco, fu Numa Pompilio a istituire i primi otto collegi e, fra loro, vi era una differenza di rango. I collegi avevano scopi non solo di aggregazione sociale ma anche finalità economiche e corporative, religiose e di mutuo soccorso. Tutto questo si traduceva anche in una forza di consenso che si esprimeva bene nell’agone politico potendo contare su una base numericamente non indifferente. Le associazioni e i collegi si svilupparono soprattutto nella tarda repubblica, con la crescita dell’economia. I collegi disponevano di una sede dove gli iscritti si riunivano e vi si svolgevano gli affari e si onorava il nume tutelare. Erano presieduti da un Magister e amministrati da un tesoriere (quaestor). Gli utensili erano davvero tanti e di fattura ottima tanto che falcetti, asce, seghe erano la dotazione di ogni legionario romano. I legionari, in particolare quelli della Repubblica, erano considerati insuperabili nell’uso di quegli strumenti di lavoro che utilizzavano per la costruzione di accampamenti, ponti, barriere ecc., capacità utili nella preparazione delle battaglie e degli accampamenti fortificati. Un libro che introduce il lettore nella quotidianità della società romana.

Autore: Cascarino G.

Pagine: 350.

Testo arricchito da oltre 500 disegni, immagini, tabelle e utili appendici.

Euro: 34.00

www.ilcerchio.it

Manlio Triggiani