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PROVE DI NICHILISMO PRATICO. Di Antonio de Felip

Sì, ammettiamolo: c’è una grandezza nel nichilismo, sia pure una grandezza tellurica, antimetafisica, infera che, chi scrive ne è profondamente convinto, trae la sua origine dal Negatore per eccellenza. Questo rifiuto della stessa esistenza di una realtà oggettiva si è manifestato principalmente, ma non solo, con lo gnosticismo e le sue innumerevoli derivazioni religiose, intellettuali, politiche passate e presenti. Si nega la realtà perché la si odia, si odia il Creato perché opera di Dio e quindi si odia l’uomo, che del Creato è vertice. I lettori di questo sito conoscono assai bene la famosa frase di G.K. Chesterton: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”. Permettetemi di dire che è pedagogicamente un bene che sia spesso citata, perché non è solo una profezia, ma soprattutto una delle affermazioni più anti-nichiliste di sempre.

Qui peraltro vogliamo accennare non al nichilismo come atteggiamento filosofico, a cui potremmo persino riconoscere una tragica grandezza, ritrovabile (anche, ma non solo) in Nietzsche (ma qui il discorso si farebbe più complesso), in Stirner (“Io ho fondato la mia causa su Nulla”) o in Engels, che col suo: “Tutto ciò che nasce è degno di perire” richiama significativamente il Mefistofele che nel Faust di Goethe proclama: “Tutto ciò che esiste merita di essere distrutto”. Questo nichilismo “alto” ha poco a che vedere con un fenomeno tipicamente contemporaneo: un nichilismo pratico, plebeo, volgare e involgarente, violento e aggressivo che attacca sì la Verità, ma attraverso la distruzione delle varie verità della vita, della quotidianità, delle comunità, del convivere civile. Odia sì la Ragione, ma nega le ragioni del vivere di ogni giorno. Disprezza la nostra Civiltà mediante una bieca falsificazione dalla nostra Storia, accanendosi contro le manifestazioni e i manufatti del nostro essere civile.

Questo nichilismo pratico va ben oltre l’affermazione impudente, consapevole e aggressiva di una menzogna, ma è l’imposizione, spesso ope legis, di quella stessa menzogna come verità, la negazione della realtà e la sua sostituzione con una “pseudo-realtà” che è ideologia, desiderio pervertito, strumento rivoluzionario. Assai significativa l’affermazione di un comunista stalinista come Giancarlo Pajetta che nel 1961 dichiarò: “Io tra rivoluzione e verità scelgo la rivoluzione”, ammissione che segue quella di Lenin: “Non esiste verità se non quella rivoluzionaria”. Queste dichiarazioni sono, in effetti, quanto di più nichilisticamente rivoluzionario che si possa immaginare e sono il fondamento della negazione gnostica della realtà e la sua sostituzione con una caricatura, una falsificazione della realtà. Emanuele Samek Lodovici, nella sua opera Metamorfosi della gnosi, scrisse che questo tipo di attacco della nuova gnosi è un attacco da rivoluzione culturale.

Nichilismo pratico, ad esempio, è quando una donna, con tutti i caratteri sessuali primari e secondari di una donna, si dichiara uomo e un giudice nega una realtà evidente e incontrovertibile e ordina al Comune un “cambio di sesso amministrativo”: questa donna per mera disposizione della magistratura dovrà essere considerato uomo. Nichilismo pratico è il caso inverso di un atleta incontestabilmente uomo che si dichiara donna e pretende ed ottiene di battersi sul ring contro atlete donne, ovviamente battendole.

Nichilismo pratico è quando una legge del parlamento scozzese, voluta del partito indipendentista (povero Braveheart, povero Bonnie Prince Charlie) ha stabilito che affermazioni del tipo “una donna è una donna e un uomo è un uomo” sono un reato penale. La creatrice di Harry Potter, J.K. Rowling, rischia la galera per averlo affermato. Nichilismo pratico è quando nella ex cattolicissima Irlanda (povero Michael Collins, povero Éamon de Valera) un insegnante, Enoch Burke, è stato arrestato per la terza volta, dopo aver già scontato due anni di carcere, perché ha dichiarato di non voler insegnare le falsità della gender theory e un altro insegnante viene sbattuto in carcere per 107 giorni per essersi rifiutato di rivolgersi a una ragazza “in transizione di genere” con pronomi maschili. Ha dichiarato in tribunale: “Sono qui oggi perché ho detto che non avrei chiamato “ragazzo” una ragazza”. Sempre a proposito di corruzione neo-gnostica della realtà, ancora Emanuele Samek Lodovici ci ricorda le “tecniche di dissoluzione del valore veritativo del linguaggio”. Questi casi ne sono un esempio, ma il nostro linguaggio è ormai quotidianamente corrotto da parole falsificanti e ideologicamente pervertenti: omofobia, razzismo, patriarcato, sessismo, maschilismo, femminicidio, migrante, gay e molte altre imposte dall’egemonia culturale.

Una forma particolarmente insidiosa di nichilismo pratico è la cancellazione della nostra memoria, della nostra storia e soprattutto la demonizzazione della nostra civiltà bianca e cristiana e dell’orgoglio che possiamo provare per essa. Citiamo, a proposito di memoria, ancora Emanuele Samek Lodovici, indimenticato maestro che ci ricordava come “la cancellazione della memoria del passato sia imprescindibile da un punto di vista dello stato totalitario”. E cita T.S. Eliot: “a che serve la memoria? a liberarci!” Emblematico di questo “nichilismo di civiltà” è l’odio che l’intellettualità mainstream del Black Lives Matter, della correttezza politica, della cancel culture, del bieco femminismo del Me Too vuole imporci nei riguardi della nostra civiltà europea, della nostra razza, della nostra cultura. Ricordiamoci del nichilismo pratico applicato alla storia rievocata nei film e nelle fiction: il black-washing, con cui ci vogliono convincere che Achille fosse di colore, come Anna Bolena. Circola ancora l’evidente menzogna che gli egiziani avessero la pelle scura, contraddetta da migliaia di immagini restituiteci dall’archeologia e dai loro discendenti, gli egiziani copti.

Ci ammonisce Pascal Bruckner nel suo Il singhiozzo dell’uomo bianco: “Noialtri europei siamo stati cresciuti nell’odio nei confronti di noi stessi. […] Questo il leitmotiv: l’uomo bianco è malvagio. Conclusione: la nostra esistenza è un affronto alla creazione, e abbiamo un solo dovere: scomparire, cancellarci dalla faccia della Terra.”

Non è solo un attacco all’uomo bianco in quanto tale, ma alla whiteness, alla “bianchitudine” e al suo (vero o presunto) approccio razionale, logico, positivo alla vita.

Così molte aziende statunitensi (ma non solo), premute e ricattate dalle lobby antirazziste e liberal, hanno addirittura imposto ai propri dipendenti la partecipazione a seminari obbligatori contro la mentalità ritenuta caratteristica della “bianchitudine”.

Interessante è il disvelamento di questo nichilismo pratico da parte dell’accademia ormai dominata dalla cancel culture: il Museo Smithsonian della cultura e storia afro-americana (qualcuno lo definisce “prestigioso”) ha stilato un catalogo degli aspetti e degli assunti della cultura bianca (Aspects & assumptions of white culture, per chi vuole cercare in rete), ovviamente per condannarli e combatterli. In quest’elenco troviamo tutti gli atteggiamenti e i comportamenti “civili” ispirati dalla nostra cultura greco-romana, dal cristianesimo, da una buona educazione affinatasi in secoli di civiltà: la fiducia in sé, il rispetto delle persone e delle loro sfere private, il non discutere della vita personale, i modi urbani, la gestione dei conflitti, l’etica del lavoro, l’affidarsi ai metodi scientifici e a un pensiero oggettivo, razionale e lineare, il rispetto dell’autorità e della proprietà privata, la credenza nella famiglia tradizionale, il cristianesimo come norma naturale e sociale, il rispetto delle festività cristiane, la storia come Storia del mondo civilizzato, il rispetto dei tempi programmati e della puntualità. Già, a questo proposito il “vescovo” Desmond Tutu, storico esponente del più bieco risentimento anti-bianco in Sud Africa, affermava provocatoriamente che: “l’orologio è stato inventato dai bianchi.”

Il fanatismo anti-civile e regressivo del wokismo nichilistico nega il valore della buona educazione. Tal Joshna Maharaj, attivista liberal canadese, ha dichiarato che l’uso delle posate è un odioso retaggio colonialista e razzista. In un articolo pubblicato da Today’s Parents costei ha sentenziato: “Sostenere che una bambina che mangia con le mani non conosce le buone maniere è un residuo della cultura coloniale”.

Numerose sono le richieste, da parte del mondo liberal angloamericano, di relativizzare, nei curricula scolastici, l’importanza della matematica e dell’algebra, accusate di essere materie “discriminatorie” nei confronti degli studenti di colore (ma non certo di quelli asiatici che invece in queste materie eccellono). L’ultima presa di posizione, in quel Canada ormai diventato una feroce dittatura woke, viene dall’Associazione dei coordinatori di matematica dell’Ontario: l’aritmetica come la conosciamo è un costrutto della supremazia bianca. Chi sostiene che: “due più due fa quattro” commette un atto nascosto di supremazia bianca.

Nichilismo pratico è quindi il rifiuto, elevato a ideologia, della logica nei suoi principi aristotelici di identità e non contraddizione, del principio stesso di causalità, di esistenza di una razionalità nel mondo e nell’uomo, di un ordine naturale della realtà. E’ il trionfo di una “fluidità” caotica e non-razionale, confusa, antinomica, priva di ogni senso. Tra l’altro, assolutamente invivibile. Il mondo, come dice Shakespeare nel Macbeth, “una favola raccontata da un’idiota che grida in un attacco di furore e priva di qualunque significato”

Dalla negazione del reale discende necessariamente anche la negazione del Bello: non per nulla sono tre streghe ha gridare, sempre nel Macbeth: “bello è il brutto, e brutto è il bello”. Sul nichilismo consapevole e persino orgogliosamente rivendicato dell’arte contemporanea dovremmo ricordarci delle severe e crude parole dello storico dell’arte Hans Sedlmayr, che rileva nell’arte contemporanea il prevalere de “l’elemento notturno, pauroso, morboso, molle, morto, putrefatto e sfigurato, il tormentato, dilaniato, ottuso, osceno, l’invertito, il meccanico”.

Il mondo moderno sembra informato da una insana, infera pulsione per la morte: l’umanità vista da alcuni ecologisti come “il cancro” di Gaia, la Terra Vivente: per la sua salvezza dovremmo auto-estinguerci; l’istituzionalizzazione dell’aborto come “diritto”, che in occidente è una delle cause principali della denatalità; la santificazione dell’eutanasia. A proposito di quest’ultima, colpisce la vicenda di una donna olandese che ha spaccato l’opinione pubblica dei Paesi Bassi: è perfettamente sana, ma ha chiesto al servizio sanitario l’eutanasia perché profondamente depressa. Dopo un lungo braccio di ferro con i medici, questa donna ha comunque trovato tre psichiatri che le hanno dato ragione. Interrogata su cosi si aspettava dopo la morte, ha affermato: “spero che non ci sia nulla”. Il Nulla come prospettiva ultima, come orizzonte della vita, come speranza estrema. Da brividi. Un nichilismo esistenziale assoluto.

Il Nulla avanza, come nel romanzo La Storia infinita, opera fantasy di Michael Ende, e divora intere regioni del nostro essere. La dittatura del relativismo è una delle forme operative del nichilismo. E la menzognera e ossimorica credenza secondo cui “la verità non esiste” è un veicolo per favorire un nichilismo pratico di massa. Come combatterlo? Soprattutto tornando a quel sano realismo che da Parmenide a San Tommaso passando per Aristotele grida che l’Essere esiste e non può non esistere; che la realtà c’è ed è conoscibile, essendo retta dalla ragione, che la lettura e la comprensione della realtà segue principi e leggi logiche autoevidenti. Poi, negare la menzogna, anzi la Grande Menzogna come la definì Solgenitsin: denunciando e combattendo la falsificazione delle parole e restaurando quella che Attilio Mordini definì Verità del Linguaggio, affermare l’esistenza di una morale iscritta come legge naturale in ciascuno di noi, combattere per il rispetto del creato e delle sue gerarchie ontologiche: la natura è stata creata in funzione dell’uomo e non viceversa, gridare dai tetti che “maschio e femmina li creò”, combattere la falsificazione della storia e la relativizzazione delle culture e delle civiltà. Persino il rispetto della buona educazione è un atto anti-nichilistico, oltre ad essere, come diceva san Francesco di Sales, “già mezza santità”.

Sì, continuiamo pure a ripetere: due più due fa quattro e le foglie sono verdi in estate.

Antonio de Felip

 

 

 

 

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