Al G7 di Fiuggi il nostro vicepresidente del Consiglio nonché Ministro degli Esteri Antonio Tajani è riuscito a fare passare per fine giurista e grande politico il solitamente indecente Josep Borrell. Difatti nella conferenza stampa di apertura l’Alto Rappresentante della Politica estera europea ha sollecitato i Paesi dell’Unione, che – a differenza degli Stati Uniti – hanno tutti firmato il Trattato di Roma istitutivo della Corte Penale Internazionale, a “rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale” e in particolare a sostenere la Cpi e le sue decisioni (del resto un obbligo preciso liberamente assunto con l’adesione al Trattato), perché in mancanza “non ci sarà nessuna speranza per la giustizia“. Si è spinto anzi tanto oltre da rischiare l’accusa di putinismo quando ha ricordato che “non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu“. E’ perfino arrivato a riconoscere che sarebbe un tipico esempio del sistema “dei due pesi e due misure per cui siamo tanti criticati“. Al contrario, Tajani, che pure aveva esordito con l’affermazione del necessario rispetto del diritto internazionale nonostante l’amicizia per Israele e ha poi sottoscritto a nome dell’Italia la formuletta conclusiva circa il comune “impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario“ in base ai “rispettivi obblighi” (“rispettivi” in quanto, come appena ricordato, la posizione degli USA nei rapporti con la Corte è diversa da quella dei paesi Ue), nella conferenza stampa finale ha dato invece spazio ai “molti dubbi giuridici” sollevati dai mandati di arresto nei confronti del premier israeliano e del suo ex-ministro della Difesa Yoav Gallant, e della difficile “fattibilità” nella loro applicazione (problemi che non l’avevano nemmeno sfiorato quando, un annetto prima, si trattava del premier russo).
Vada per il giudizio politico (“Netanyahu non andrà mai in un Paese dove potrebbe essere arrestato. Quindi resta un messaggio politico. Se devo dare un giudizio politico

mi sembra molto velleitario e inattuabile l’arresto di Netanyahu, almeno fino a quando sarà primo ministro in carica”), ma non è chiaro quali sarebbero i molti dubbi giuridici che imporrebbero di “vedere cosa dice il diritto, leggere bene le carte e capire quali siano i limiti”. Più o meno vagamente lo stesso Tajani, commentatori e stampa hanno fatto cenno a immunità e a regole speciali riguardanti alcune ancora più speciali persone. A loro pare si siano aggiunti alcuni politici (o politicanti) parigini sostenendo l’immunità di Netanyahu per effetto della mancata adesione di Israele alla Cpi (esattamente come la Russia, ma Putin resta catturabile e catturando).
Per vedere “cosa dice il diritto” non resta che leggere il Trattato di Roma istitutivo della Corte, che all’art. 20 (Irrilevanza della qualifica ufficiale) così stabilisce:
“1. Ilpresente Statuto si applica a tutti in modo uguale senza qualsivoglia distinzione basata sulla qualifica ufficiale. In modo particolare la qualifica ufficiale di capo di Stato o di governo, di membro di un governo o di un parlamento, di rappresentante detto o di agente di uno Stato non esonera in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale per quanto concesse il presente Statuto e non costituisce in quanto tale motivo di riduzione della pena.
2. Le immunità o regole di procedura speciale eventualmente inerenti alla qualifica ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del. diritto internazionale non vietano alla Corte di esercitare la sua competenza nei confronti di questa persona”.
In realtà gli articoli 97 e seguenti del Trattato si danno comunque cura delle difficoltà che potrebbero essere incontrate dagli Stati nella fase esecutiva dei provvedimenti. Difficoltà fondate anche su privilegi e immunità di cui goda il soggetto interessato non nei confronti della Corte (per lei non esistono immunità), ma dello Stato tenuto all’attuazione come per “il fatto che lo Stato richiesto sarebbe costretto, per dar seguito alla richiesta nella forma in cui si trova, di infrangere un obbligo convenzionale che già ha nei confronti di un altro Stato” (art. 97 lettera c).
Difficoltà e immunità che comunque si riflettono anche sulla Corte Penale. Difatti:
“1. La Corte non può presentare una richiesta di assistenza che costringa lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che le incombono in diritto internazionale in materia d’immunità degli Stati o d’immunità diplomatica di una persona o di beni di uno Stato terzo a meno di ottenere preliminarmente la cooperazione di tale Stato terzo in vista dell’abolizione dell’immunità.
2. La Corte non può presentare una richiesta di consegna che costringerebbe lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che gli incombono in forza di accordi internazionali secondo i quali il consenso dello Stato d’invio è necessario per poter consegnare alla Corte una persona dipendente da detto Stato,a meno che la Corte non sia in grado di ottenere preliminarmente la cooperazione dello Stato d’invio ed il suo consenso alla consegna (art, 98).
Conseguentemente in questi casi può essere indispensabile la cooperazione di più Stati, col rischio, in mancanza, che il provvedimento resti ineseguito, come, per tranquillità del ministro Tajani e dei suoi amici, molto spesso accaduto.
Francesco Mario Agnoli