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LE TRAGICOMICHE ATLANTICHE. MA CI PRENDONO PER I FONDELLI? Di Antonio de Felip

Spesso, la trama della storia è intessuta di fili drammatici, talvolta anche tragici. Ma, altre volte, compaiono sgargianti fili intessuti nella farsa, nel ridicolo. Ciò capita soprattutto quando il fanatismo partigiano oblitera ogni senso del limite e la convinzione che un unico pensiero, il “pensiero unico”, appunto, debba non solo prevalere, ma imporsi perché la sua verità è così autoevidente che chiunque la neghi, o solo ne dubiti, deve essere silenziato, posto fuori da ogni “decenza mediatica” istituzionale, criminalizzato. Non solo, delle narrazioni, degli argomenti, degli atti, anche i più assurdi, i più scomposti, i più paradossali che scadono, appunto, nel ridicolo e nel farsesco, è vietato cogliere il lato comico e ridere di gusto. Non possiamo gridare, sghignazzando: “Il re è nudo!”. E’ lesa maestà. Questa perdita totale del senso del ridicolo è drammaticamente evidente nei protagonisti, di ogni tipo, dell’attuale, aggressiva, totalitaria, infestante russofobia che impesta oggi il cosiddetto occidente e cancella ogni equilibrio, ogni capacità oggettiva d’analisi e di giudizio, ogni consapevolezza, ogni autocoscienza di sé, dei propri atti, delle proprie parole. Ogni “senso del pudore” comportamentale è cancellato. I fanatici difensori delle menzogne russofobe, apologeti di un ex guitto che un incredibile caso, o burattinai stranieri, hanno fatto passare da presidente in una fiction televisiva a presidente reale, al potere in Ucraina qualche anno dopo il famigerato colpo di stato di Maidan del 2014 e il seguito di violenze contro russi e dissidenti, privazioni dei diritti politici e civili, chiusura di media, assassinii di giornalisti, scioglimento di partiti, massacri di “russofili” (che poi sono russi tout court, abitanti in quelle regioni da centinaia di anni) nel Donbass e a Odessa, sono così convinti di essere “dalla parte giusta della Storia” da non rendersi conto delle tragiche cadute nel ridicolo che talvolta procurano i loro fanatismi propagandistici.

Recentemente abbiamo visto la signora Ursula Gertrud von der Leyen abbigliata con una elegante mise giallo azzurra, a dimostrazione inequivocabile del suo entusiastico sostegno alla causa ucraina e della potenza dei simboli. Questa rappresentazione in abbigliamento patriottico ricorda quanto accadeva nei teatri di varietà e nei café chantant di provincia durante la prima guerra mondiale. Quando la debolezza degli artisti e dei numeri proposti rischiava di generare bordate di fischi e lanci di oggetti di vario genere da parte degli spettatori, il capo comico faceva uscire una sciantosa tricoloruta che cantava “Le ragazze di Trieste cantan tutte con ardore: Oh Italia, oh Italia del mio cuore, Tu ci vieni a liberar”. E l’ardore patriottico degli astanti faceva dimenticare la mediocrità artistica dei teatranti e scrosciavano gli applausi. Certo, potremmo osservare che la presidenta (si dice così?) della commissione europea non ha certo il physique du rôle di una sciantosa, ma l’affermazione sarebbe colpevole di sessismo, qualunque cosa questo voglia dire, per cui ci asteniamo.

Ha sollevato molte ironie, per non dire ilarità, l’apodittica e melodrammatica affermazione di Mario Draghi: “Volete la pace o i condizionatori accesi?” Il sottotesto era evidente: tutti i sacrifici per le sanzioni sono accettabili e doverosi se aiutano la povera, piccola e indifesa Ucraina dall’assalto del malvagio orso russo. Alcuni, irrispettosi dell’Alta Personalità Democratica, hanno perfino ricordato un’analoga frase di Benito Mussolini rivolta alla folla: “Volete il burro o i cannoni?”. Certo la drammaticità della domanda retorica ducesca e il contesto erano ben diversi: la folla rispose con un tuono: “Cannoni!”. Siamo però certi che gli italiani avrebbero, con voce altrettanto stentorea, risposto “la pace!” all’intimidatorio quesito draghiano? Possiamo sospettare che una consistente maggioranza, nell’afosa calura estiva, avrebbe dato una risposta meno eroica e più pragmatica? Comunque, non sono riusciti a farci spegnere i condizionatori, ma certamente, obbedienti ai diktat europoidi, riusciranno a farci ammalare di bronchite quest’inverno. Dovremo spegnere i riscaldamenti: se abitiamo in un condominio, il nostro amministratore verrà controllato. Se abbiamo un impianto autonomo, possiamo essere visitati da solerti membri delle forze dell’ordine che, termometro alla mano, controlleranno il nostro casalingo rispetto delle ormai santificate sanzioni alla Russia. E non ci sarà neppure consentito protestare contro una sado-masochista Unione europea in prima fila nella guerra per procura alla Russia. E’ infatti chiara la catena di comando: Washington-Bruxelles-Roma (e le altre capitali europee). Vi ricordate le violenze dalla polizia francese contro i gilets jaunes? Vi ricordate gli idranti e i manganelli della polizia in azione contro i portuali e i cittadini no-vax di Trieste? Ecco, potrebbe succedere di nuovo.

Comunque è già partita l’azione di propaganda a favore della salubrità del freddo nelle case e negli uffici: superato il muro della banalità, è stato raggiunto e superato anche quello del ridicolo. A dimostrazione che la beceraggine si accompagna spesso con la stupidità e, appunto, la totale assenza di senso del ridicolo, la commissaria UE Margrethe Vestager ci ha così esortati al risparmio energetico: “Controllate le vostre docce e quelle dei vostri figli adolescenti. E quando chiudete il rubinetto dite: prendi questa, Putin!”. Sì, testuale: “Prendi questa, Putin!”. Modello di bambinesco cretinismo europoide sotto la doccia.

Ovviamente non sono mancati giustificazionismi salutistici. Così si è espresso tale professor Alfredo Pontecorvi, primario al Policlinico Gemelli: “Stare al freddo può fare solo bene alla salute. Dal freddo abbiamo solo da guadagnare”. Giudizio dubbio, visto che altri medici dicono che più si abbassa la temperatura, più i vasi sanguigni si restringono e il sangue diviene viscoso con gli intuibili rischi soprattutto per chi ha problemi cardiaci. Già che c’era, questo illustre primario avrebbe potuto raccomandare una vita penitenziale, un solo pasto leggero al giorno, niente materne magliette di lana, autoflagellazioni con rami di betulla, rotolamenti mattutini nella neve. Verrebbe comunque voglia di rispondere: “Cari fanatici di una indigente austerità, al freddo per Zelensky stateci voi”. Più che salutistico, è invece “civile ed ecologico” il severo monito del giornalista Ferruccio De Bortoli, ex bi-direttore (per due volte direttore) del Corriere della Sera: “Risparmiare energia è una virtù, serve un radicale cambio di mentalità collettiva”. E’ un indiretto endorsement alla famigerata “decrescita felice” cantata dagli ecologisti, che felice proprio non è, visto il minaccioso richiamo debortoliano a un inquietante “radicale cambio di mentalità collettiva”, che puzza molto di operazione totalitaria di ingegneria sociale e di “rieducazione” collettiva.   

Un’ilare, giocosa sorpresa ci è stata provocata dall’illustrissimo professor Giorgio Parisi, fresco di premio Nobel per la Fisica, tuttologo sinistrorso, già impegnato in spot di pubblicità-progresso vaccinari e anti no-vax. Il professore ha autorevolmente portato il suo decisivo contributo al tema del risparmio energetico con un fondamentale suggerimento su come risparmiare sul consumo di gas nella cottura della pasta. E’ semplice ma geniale: si può cuocere la pasta a fuoco spento lasciandola nell’acqua calda a pentola coperta. Ora, i “saperi” (come amano dire i semicolti di sinistra) di Giorgio Parisi sono, tra molti altri, (citiamo da una fonte agiografica su internet): la fisica delle particelle elementari, la teoria delle transizioni di fase e la meccanica statistica, la fisica matematica, i sistemi disordinati, l’immunologia teorica, le simulazioni numeriche su grande scala, la progettazione e costruzione di calcolatori paralleli e potremmo proseguire per pagine. E’ confortante sapere che una tale cornucopia di investimenti in conoscenze, competenze, ricerche, esperienze abbia prodotto una così geniale innovazione nel sofisticatissimo processo della cottura della pasta. Il professor Parisi potrebbe dedicarsi a scrivere un manuale – purtroppo sono passati di moda – del genere I risparmi della brava massaia. Negli anni ’20 l’editore Hoepli, specialista in questo genere di manualistica, lo avrebbe pubblicato di sicuro. Né il merito intellettuale per la brillante invenzione è stato intaccato dalle ottuse critiche di alcuni chef stellati, negazionisti e trogloditi, che hanno insinuato l’antiscientifica fake news secondo cui, così facendo, la pasta risulterebbe scotta e immangiabile. Insomma: il freddo, il buio, e anche la pasta scotta.

La corsa all’idea geniale ha visto anche la fortunata partecipazione di un altro esponente della “sinistra globale”, il sindaco di Milano Beppe Sala, quello che, per l’ambiente, vuole vietare l’ingresso delle auto a Milano. La sua idea: “Manteniamo l’ora legale per tutto l’anno”. Quanto risolutiva non si sa, ma ciò che importa è partecipare a questo concorso universale di idee originali.

L’invito della commissaria UE Margrethe Vestager ad abluzioni brevi e gelate, a docce di pochi minuti è quello che è risuonato più di frequente: anche il ministro della cosiddetta “transizione ecologica”, Roberto Cingolani, tra molti altri consigli della nonna, vi ha fatto ricorso. E’ interessante notare questa fondamentale avversità degli esponenti ecologisti e para-ecologisti per la pulizia personale, condivisa dai russofobi sanzionatori europoidi: alcuni ricorderanno un’intervista a Fulco Pratesi, fondatore e presidente onorario del WWF, in cui costui si vantava delle sue scelte igieniche: niente doccia da anni (consuma troppa acqua), cambio delle mutande non tutti i giorni e non tirare lo sciacquone ogni volta che si fa pipì. Pratesi si è anche orgogliosamente e significativamente definito “radical chic”, fornendoci un ulteriore buon motivo per tenerci a una buona distanza, almeno olfattiva, da questa sciagurata categoria politico-sociale. Sempre a proposito di docce, lo scrittore Premio Strega Francesco Piccolo, ovviamente di sinistra (non si vince un Premio Strega, anzi, un qualunque premio letterario, se non si è di sinistra), ha proposto di fare la doccia in due e meglio se l’altro/a è uno sconosciuto, perché così “è più divertente”.

Ma la notizia più incredibile di tutte ci perviene direttamente dall’Ucraina, che dal tempo delle ostilità è diventata la fonte delle fake news più grottesche e tragiche: dai russi che si autobombardano da soli a presunte fosse comuni che le stesse immagini televisive ci mostrano essere invece ordinati cimiteri con tombe risalenti alla II guerra mondiale. Gli apparati informativi di Zelensky, con il codazzo di giornalisti occidentali al loro obbediente seguito, possono inventarsi di tutto, anche i fatti più incredibili, perché i media d’Europa, totalitariamente russofobi, sono ormai semplici trasmettitori delle veline ucraine e della narrazione dei governi della NATO. Qualsiasi versione russa dei fatti è tacitata, perché la “democratica” e “liberale” Unione europea ha censurato e oscurato tutti media russi come Russia Today o Sputnik. Ma veniamo a una recente “notizia” proveniente da una delle fonti ufficiali ucraine, più esattamente la polizia di frontiera di questo paese e riportata anche, sia pure con qualche prudente ironia, dal Messaggero, oltre ad altri quotidiani europei: un pensionato ucraino, dal tetto di casa sua, avrebbe abbattuto, con un fucile da caccia calibro 12 della portata di un centinaio di metri, un cacciabombardiere d’alta quota russo Su-34 di quarta generazione. Un tocco di ulteriore “ufficialità” a questo incredibile abbattimento è dato dalla notizia che l’arzillo pensionato dalla mira infallibile è stato premiato con una medaglia dalle autorità di Kiev e la motivazione è proprio quella di aver abbattuto il super aereo russo. Ovviamente nessuna conferma è pervenuta da Mosca. Commenta il giornalista Paolo Ricci Bitti sul citato quotidiano: “Bisogna allora accontentarsi della versione ucraina che fa a pugni con la logica e con la storia dell’aeronautica militare.” Accontentiamoci dunque e, ancora una volta, facciamo finta di credere – è obbligatorio – alla versione ucraina dei fatti. Altrimenti si rischia di essere accusati di filo-putinismo, la più grave colpa dei nostri giorni.    

Il problema è che la pressione politica e mediatica di un sistema quasi totalmente asservito all’ideologia atlantista e filo-USA è di una tale potenza da indurre buona parte dell’opinione pubblica a credere, con obbedienza pronta, cieca e assoluta, a qualsiasi cosa la NATO, gli USA, l’UE e Zelensky vogliono imporci come vera.

Però, qua e là resistono isole che si ribellano al sistema della menzogna, resistono ancora “quelli che non la bevono”, gli “apoti”, come li chiamava Giuseppe Prezzolini. Finché ci sarà qualcuno che risponderà: “ma ci state prendendo per il culo?”, i Signori del Caos di Washington, Bruxelles e Kiev non avranno vinto.

Antonio de Felip

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