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IL PREZZO DEL SILENZIO – GLI AZERI LASCIANO PARLARE LE BOMBE, IL “MONDO LIBERO TACE”. Di Andrea Leandro Giumetti

La polveriera del Caucaso continua a gonfiarsi minacciosamente, herr Aliev, carismatico leader che tanto piace alle elites europee, in primis a quelle italiane, ha deciso che amputare il Nagorno e aprire il “vitale” corridoio verso la exclave azera del Nakichivansch non è sufficiente. Di fronte alla passività e al silenzio assoluto che i media e i parlamenti riservano alla guerra nel Caucaso, Aliev ha deciso di testare fino a che punto poteva spingersi, e nella notte del 13/09/2022 ha lanciato un’invasione del territorio della Repubblica dell’Armenia. La notizia ha raggiunto quei pochi che si interessavano della regione, e sopratutto la nutrita comunità armena in Italia, con rabbia e tristezza. Ma non con sorpresa: nel più totale silenzio dei media, nei mesi scorsi l’Azerbaijan aveva già causato incidenti di confine e provato a forzare il blocco rappresentato dalle forze di pacekeeping della Federazione Russa, fino ad ottenere, qualche settimana fa, lo sgombero dei territori conquistati da parte dei militari russi, e anche della quasi totalità degli abitanti. I bombardamenti con i droni nel Nagorno, sono quindi stati un tentativo di valutare fino a che punto ci si poteva spingere, e quale sarebbe potuta essere la risposta internazionale in previsione di un futuro attacco. Risposta internazionale che non c’è stata, e che molto probabilmente non ci sarà nemmeno questa volta: difficile pensare infatti che la UE e la NATO scelgano di condannare il gesto, che pure giunge in violazione di un trattato di cessate il fuoco portata unilateralmente avanti da Aliev, mettendo a rischio le forniture di gas che lo stato turconfono assicura. Di fronte alla posizione indifendibile della dittatura azera, una delle più infami e corrotte al mondo, è probabile che la nuova guerra di herr Aliev, molto semplicemente, sarà fatta passare nel silenzio. Al più ci sarà una menzione a piè di pagina come è avvenuto nella serie RAI “Blanca” dove si nomina un ragazzo andato “con una ONG in Nagorno qualcosa”.

La vera criticità in questo conflitto è però il ruolo che giocheranno le potenze regionali nell’area, in particolare la Russia. Armenia e Federazione russa sono infatti (assieme alla maggior parte degli stati che facevano parte dell’URSS) membri della CSI, la Comunità degli stati indipendenti, un trattato sovranazionale per la sicurezza. Attaccare direttamente l’Armenia, come hanno fatto gli azeri (e si tratta di veri e propri attacchi con la fanteria, non solo di bombardamenti) ha rappresentato quindi occasione per il governo armeno di appellarsi al trattato per chiedere l’intervento della Russia nel conflitto. Il vincolo rappresentato dal trattato ha imposto una risposta positiva, ma bisogna vedere quale sarà la reazione che i russi sceglieranno di opporre all’aggressione azera, che evidentemente è stata portata avanti cercando di approfittare della situazione internazionale nella speranza che l’orso non osi aprire un secondo fronte, sopratutto tenendo conto che l’Azerbaijan è un protettorato della Turchia, ma che in questo azzardo sottovaluta l’altro attore regionale, ovvero l’Iran. Esistono infatti profonde relazioni diplomatiche e culturali tra l’Iran e la Repubblica armena; in Iran c’è una comunità armena molto attiva dal punto di vista professionale, e al tempo stesso le autorità iraniane guardano con preoccupazione ai dichiarati progetti imperialistici dei turchi nell’area, che subirebbero una battuta d’arresto se l’Azerbaijan dovesse essere profondamente ridimensionato, o la dittatura di herr Aliev fosse rovesciata in favore di un governo democratico. Oltre a questo, non guasta ricordare che l’Iran è una teocrazia islamica sciita, e che le autorità azere hanno iniziato, da più di due anni, a perseguitare il clero islamico, per cui non è del tutto escluso che una reazione possa provenire anche da parte di Hezbollah, per quanto questo operi nel Levante del Mediterraneo e non nel Caucaso.

Gli avvenimenti di oggi, e i possibili avvenimenti futuri, saranno il prezzo dell’aver dimenticato una lezione fondamentale della realpolitik, ovvero che prima di delegare tutto all’aforisma “la storia la fanno i vincitori” è opportuno assicurarsi di essere effettivamente dalla parte dei vincitori. Perché il rischio effettivo dello sporcarsi le mani senza avere la certezza del risultato, è che non solo si può perdere una scommessa, ma contestualmente si perde anche la dignità e il credito politico di cui si disponeva. Immaginiamo ad esempio uno scenario in cui un intervento congiunto russo-iraniano portasse alla chiusura del flusso di gas azero e turkmeno che approvvigiona l’Europa (South stream), quello che idealmente doveva servire a emanciparci dalla Russia: i paesi europei sarebbero costretti a sedersi al tavolo delle trattative, anche in relazione alla questione ucraina, con poco o nessun margine di discussione, e pagherebbero il prezzo del silenzio e delle dichiarazioni servili (penso qui specificamente all’operato del ministro italiano Di Maio) nei confronti della Turchia e dell’Azerbaijan, ponendo una pietra tombale sulla serietà diplomatica dei paesi europei, nostro in primis.

Andrea Leandro Giumetti

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