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IL QUADRO RELIGIOSO DEL CONFLITTO FRA RUSSIA E UCRAINA. Di Valerio Savioli

Il recente conflitto esploso nel cuore dell’Europa vede contrapposte, non solo le principali potenze del pianeta, seppure una, gli Stati Uniti d’America, in posizione nettamente indiretta, ma è testimone di uno scontro dove le religioni giocano un loro, importante, ruolo.

Talvolta come collante, altre volte come forza disgregatrice, la religione è presente con forza in questa guerra, indipendentemente dalle concezioni nichilistiche dei popoli occidentali e delle loro postdemocrazie.

Tra Russia e Ucraina, sotto l’aspetto religioso, è in atto quello che potremmo definire un conflitto fratricida, considerando il fatto che la stragrande maggioranza degli ucraini (circa il 78%) si riconosce nella fede cristiana, così come i russi (circa il 71%). Una dimensione, nello specifico per i credenti ma non solo, di particolare sofferenza.

Una visione trascendente della vita che pone al centro dell’esistenza dell’uomo Dio, anche questo aspetto è parte integrante dello scontro che si infiamma sotto ai nostri occhi.

Russia: l’ambizione dell’impero come proiezione di potenza, il legame con la Chiesa ortodossa come collante

Per quanto riguarda la Russia, nazione dalla dimensione continentale a maggioranza ortodossa che contiene tutte le più importanti confessioni religiose al mondo, il raccordo con Bisanzio e con l’ortodossia costituisce una parte fondamentale della nazione, delle cui vestigia si è sempre sentita erede. Questo rapporto spirituale con Bisanzio e con l’ortodossia permette alla Russia di avere su uno status politico religioso una posizione paragonabile a quello del Pontefice della Chiesa cattolica.

Lo stretto legame che intercorre tra Putin e la Chiesa Ortodossa è probabilmente uno degli aspetti più interessanti della strategia attuata dal Cremlino negli ultimi vent’anni, un approccio teso a ridestare la Russia a livello economico, militare e culturale e riposizionarla, con un equilibrio di autorevolezza ed autorità, sullo scacchiere internazionale come principale potenza[1]. L’intesa tra potere temporale e potere religioso si è intensificata soprattutto con il patriarca Kirill, a capo della Chiesa russa dal 2009. Grazie a una serie di provvedimenti il rapporto tra Chiesa e Mosca è cresciuto nel nome di quella che Kirill chiama “symphonia”, termine che in epoca giustinianea descriveva la comunanza armonica del potere spirituale con quello secolare.

Reliquie: segni autentici della fede e del potere

Un aneddoto, tanto curioso quanto importante per carpire la ricostruzione del legame tra il trono e l’altare in Russia, è quello narrato da Matteo Zola, in un bell’articolo comparso su Iltascabile, su Serafino di Sarov, importante santo della chiesa ortodossa le cui reliquie furono lanciate nello spazio a ottobre 2016 dal cosmodromo di Baikonur. Serafino, nato a Kursk nel 1759, fu un eremita che fece voto del silenzio. Aleksy Pestretsov, portavoce della Chiesa ortodossa russa, ha dichiarato che “il santo, in

San Serafino di Sarov

processione attorno al globo, abbraccerà fisicamente e spiritualmente il mondo intero”. Le reliquie furono poi traslate presso Zvyozdny Gorodok, il centro di addestramento per cosmonauti situato in prossimità della capitale russa. Un altro esempio simbolico di quanto la strategia del Cremlino abbia, negli ultimi due decenni, tenuto al centro il recupero dell’identità spirituale del paese attraverso il coinvolgimento della religione.

Restando in tema di reliquie, può essere letto, con tutte le cautele del caso, come segnale profetico il recente episodio legato all’affondamento dell’incrociatore Moskvà. Ne ha scritto[2] recentemente il noto medievista Franco Cardini, il quale riporta che non solo nell’incrociatore era presente una cappella ma in essa vi sarebbero state custodite delle reliquie di assoluto valore: un frammento della Vera Croce, ossia la croce sulla quale Cristo fu crocifisso. La reliquia, donata da un misterioso mecenate alla marina militare russa, parrebbe essere quindi affondato con lo stesso incrociatore.

L’asse tra potere temporale e potere spirituale per una nuova Weltanschauung

L’ intesa tra Patriarcato e Mosca che, come detto, è stata utilizzata come vettore principale di ricostruzione dell’identità nazionale, trova, tramite l’utilizzo di russkij mir[3], ovvero “mondo russo” una sorta di elaborazione strategica e programmatica. Una dottrina elaborata già dai primi anni Novanta e perfezionata negli anni a seguire, secondo la quale la Russia avrebbe come sua missione quella di porsi come modello alternativo a quello costituito dall’Occidente liberal-globalista. Quella che potrebbe essere letta come una forma di “civilizzazione” alternativa a quella dominante, perlomeno nel blocco Occidentale, si inserirebbe in una visione multipolare degli assetti internazionali.

Risulta evidente che la saldatura tra Chiesa e Nazione sia stata pensata sia in un’ottica di ricostruzione della coesione sociale per quel che riguarda la politica interna che in un rafforzamento di politica estera: si vedano, tra gli altri episodi recenti, l’asse costruito con la Chiesa Cattolica di Roma in occasione del conflitto siriano – nello specifico si veda l’appello del Papa, tramite lettera[4], per la pace in Siria – e del consequenziale intervento russo. In seguito, Putin incontrerà il Santo Padre, portandogli in dono l’icona della Madonna di Vladimir, gesto evocativo e simbolico se si tiene in considerazione l’episodio storico a cui questa icona è collegata: durante la Seconda guerra mondiale Stalin fece caricare l’icona su un aereo militare per sorvolare e benedire dall’alto Leningrado assediata dalle truppe di Hitler. Di fatto la città non cadde[5].

Il ritorno, in dote alla Chiesa ortodossa, dei beni sequestrati durante il periodo dell’Unione Sovietica, l’ampio riconoscimento sui media, la ricostruzione di centinaia di chiese, la riapertura di monasteri hanno portato a un aumento esponenziale dei fedeli in tutta la nazione e sono testimonianza dei risultati concreti di questo riavvicinamento.

Infine, per arrivare all’attualità, il Presidente russo Vladimir Putin ha rilasciato dichiarazioni pubbliche a supporto dell’idea che l’Ucraina rimane una parte indissolubile della Russia e che i due popoli sono fratelli spirituali. La tradizione ortodossa slava, che si manifesta nelle Chiese Ortodosse di Russia e Ucraina, come anche nella Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, è iniziata con il Battesimo di Kiev-Ucraina sotto il principe Volodymyr nell’anno 988. I Russi continuano a vedere Kiev come la “Madre di tutte le città russe”[6].

Un contesto religioso articolato e complesso: il caso ucraino

Il panorama religioso dell’Ucraina contemporanea vede oltre cinquanta[7] religioni ufficialmente registrate. Chiesa maggioritaria è la Chiesa ortodossa ucraina, canonicamente

Cattedrale cattolica di San Giorgio, Leopoli.

parte del Patriarcato di Mosca.

La differenziata e articolata composizione religiosa del paese è originata dal fatto che la stessa Ucraina è sempre stata un crocevia di incontri e scontri tra civiltà e popoli. D’altronde la parola russa okràina significa appunto “sui bordi, sui confini”.

L’Ucraina è quindi un paese plurireligioso, dove coesistono cristianesimo, Islam e giudaismo; tra queste il cristianesimo è la religione più diffusa. In Ucraina, all’interno del solo cristianesimo vi sono sei chiese che andremo ad elencare a breve.

Il contesto cattolico, composto da circa un milione di fedeli, vede nello specifico la presenza contemporanea di ben quattro distinti riti religiosi: cattolico latino, greco cattolico, armeno e ruteno, ma con un’unica Conferenza episcopale presieduta da S.E. Mons. Broniaslaw Bernacki, vescovo di Odessa-Simferopol.

I recenti sviluppi di cui tratteremo, scompongono il mondo ortodosso in altrettante (quattro) Chiese ortodosse in Ucraina:

  1. La storica Chiesa ortodossa ucraina che dal XVII secolo opera sotto la giurisdizione canonica del patriarcato ortodosso di Mosca, col pieno accordo di Costantinopoli. I fedeli sono distribuiti sulla gran parte del paese.
  2. La Chiesa ortodossa del patriarcato di Kiev, fondato nel 1995 e scomunicato da Mosca. Gran parte dei fedeli è collocato nell’area occidentale del paese.
  3. La Chiesa ortodossa ucraina autocefala fondata nel 1991, anch’essa scomunicata da Mosca.
  4. L’ultima arrivata, ossia la nuova Chiesa ortodossa ucraina riconosciuta dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Anche in questo caso la gran parte dei fedeli si trova nella parte occidentale.

E’ importante ricordare che nella tradizione ortodossa ciò che è illegittimo è anche non valido: le cresime, i matrimoni, le ordinazioni celebrate da un prelato che si colloca fuori dalla comunione di fede sono nulle per la Chiesa canonica.

Lo scisma tra Seconda e Terza Roma si consuma in terra ucraina

Il profondo legame con l’eredità di Bisanzio lo si ritrova nelle articolazioni della storia della Chiesa Ortodossa e secondo l’ambasciatore Sergio Romano, questo legame rinforza la convinzione di essere cosiddetta Terza Roma[8], aspetto molto importante per le ambizioni politiche di Vladimir Putin.

Tenendo in considerazione il recente fenomeno scismatico – di cui andremo a parlare – consumato all’interno della Chiesa ortodossa è possibile approfondire e portare ad evidenza lo stretto legame che intercorre tra “potere spirituale” e “potere temporale” che porta all’emersione di un connubio strategico politico troppo spesso non sufficientemente approfondito e al tempo stesso di grande attualità: secondo il sito uacrisis.org: “ovviamente c’è anche una componente politica nella vicenda. Nonostante la separazione tra Stato e Chiesa sia stabilita dalla Costituzione ucraina, nel Paese la Chiesa partecipa ai processi politici. Un esempio lampante di tale intreccio ne è stato la campagna elettorale per le elezioni presidenziali in Ucraina nel 2004. A quel tempo, i preti della Chiesa ucraina ortodossa del Patriarcato di Mosca partecipavano nella campagna elettorale incoraggiando i fedeli a votare Viktor Yanukovych. Mentre, al contrario, la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kyiv, la Chiesa ortodossa autocefala ucraina e la Chiesa greco-cattolica hanno sostenuto la Rivoluzione arancione. Oggi, con la guerra della Russia contro l’Ucraina in corso, l’istituzione della chiesa unita indipendente ucraina potrebbe indebolire l’impatto della Russia sull’Ucraina[9]”.

Hilarion Alfeev, vescovo di Volokolamsk

Risale all’ottobre del 2018 quello che lo stesso metropolita[10] Hilarion di Volokolamsk, responsabile del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, riconosce come un vero e proprio scisma, originato dalla spaccatura con Costantinopoli.

Tutto nasce dalla decisione di Bartolomeo I di concedere l’autocefalia alla Chiesa ucraina, riconoscendo così di fatto il neonato patriarcato che si era appena separato da Mosca.

Partendo dall’annessione, da parte Russa a seguito del golpe di Euromaidan 2014, della Crimea, i legami tra potere temporale e potere religioso si infittiscono quando l’allora presidente Petro Poroshenko si rivolge al Patriarca ecumenico Bartolomeo I, al secolo Dimitros Archondonis, arcivescovo di di cultura greca e di cittadinanza turca, figura di riferimento per tutto il mondo ortodosso perché considerato primus inter pares[11], perché questo riconosca la nascita di una Chiesa ortodossa nazionale ucraina.

In seguito, l’incontro tra Poroshenko e Bartolomeo I (secretato nei contenuti, definiti “riservati” dalla stessa Kiev) provocò la presa di posizione di Kirill[12], patriarca di Mosca, il quale sostiene che lo stesso Bartolomeo non avrebbe dovuto interferire in un territorio considerato canonicamente moscovita. In un Sinodo appositamente convocato nel mese di novembre, la Chiesa ortodossa ucraina (quella “storica) condannò ufficialmente la decisione del patriarca Bartolomeo I, rimarcando con decisione il proprio status canonico, ossia il legame con il patriarcato moscovita, il quale, a sua volta, denunciò “numerosi aspetti di illegittimità” nella decisione del patriarca Bartolomeo I, interrompendo la comunione eucaristica con Costantinopoli, affermando così ufficialmente lo scisma. A tal proposito suonano assai lungimiranti le parole vergate da Adolfo Morganti nel periodico di geopolitica “I Quaderni di Domus” di gennaio 2019: “Una frattura di questa ampiezza nel concreto contesto della “piaga sanguinante” ucraina apre scenari davvero inediti nel mondo ortodosso mondiale.”

Utile specificare che tutto questo contribuì anche alla creazione di sospetti e timori legati a influenze esterne, capaci di penetrare il sostrato politico religioso ucraino, sfruttando la nota rivalità tra i patriarcati di Mosca e di Costantinopoli.

Il patriarca Bartolomeo, a sua volta, non è meno convinto di avere il dovere di guidare gli affari della Chiesa in Ucraina, sia per la sua posizione di primo tra pari nella gerarchia ortodossa globale, sia per ragioni storiche specifiche che hanno a che fare con il ruolo complesso e mutevole dei vescovi di Costantinopoli nella gli affari degli slavi orientali in epoca bizantina e persino ottomana. Così il 7 settembre Bartolomeo ha incaricato due (esarchi) vescovi nordamericani (sic!) di agire come suoi rappresentanti per preparare la strada a una Chiesa completamente autonoma a Kiev, con la conseguente creazione di una nuova autocefalia, ossia un’autonomia giuridica e canonica, alla Chiesa ortodossa ucraina.

Questa decisione fu presa senza il coinvolgimento del metropolita della già esistente e storica Chiesa Ortodossa, Onufrij (Berezovskji).

La polemica tra i due Patriarcati verteva anche intorno all’annosa questione della legittimità della lettera inviata dal Patriarca di Costantinopoli nel 1686. Questa

Petro Poroshenko e Bartolomeo I

comunicazione accettava il trasferimento all’autorità moscovita della sede di Kiev. Ma strettamente legate a queste antica disputa storica e religiosa insistono questioni geopolitiche che aiutano a focalizzare alcuni aspetti insiti nell’attuale conflitto: l’allora presidente Petro Poroshenko vedeva l’istituzione di una chiesa nazionale come mossa cruciale per il suo futuro politico, inoltre, a latere dell’istituzione della nuova Chiesa ortodossa ucraina, gli Stati Uniti hanno espresso sostegno politico[13] alla decisione del presidente Petro Poroshenko.

L’evento fu salutato da nette dichiarazioni di Petro Poroshenko come un nuovo “battesimo della Rus’”, e la nascita di “una Chiesa senza Putin, ma una Chiesa con Dio e con l’Ucraina”.

L’11 ottobre 2018, come riporta vita.it[14], il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha deciso di rimuovere l’anatema che gravava sui capi delle due strutture ecclesiastiche “non canoniche” dell’Ucraina: l’autoproclamato “patriarca di Kiev” Filarete Denisenko, scomunicato dalla Chiesa ortodossa russa nel 1997, e Macarius Malietich della Chiesa ortodossa autocefala ucraina. Costantinopoli ha persino affermato i suoi diritti sull’Ucraina annullando i vincoli della storica lettera del 1686, dove si conferiva al patriarca di Mosca il diritto di nominare il metropolita di Kiev. Lo stesso Sinodo ha considerato le richieste di Filarete e Macarius “trattandosi di una scissione non di natura dogmatica”, rendendo implicita la motivazione politica di questa decisione.

Istantanea del soldato: il ritorno della storia è un memento mori per l’Occidente

Infine, una menzione ai combattenti di questo conflitto, partendo dalle famigerate truppe cecene di fede musulmana (sunnita) capitanate da Ramzan Kadyrov, uomo al vertice della Repubblica Cecena. Sotto l’aspetto religioso, proprio la Cecenia infatti è stata protagonista con Conferenza di Grozny del 2016[15], in cui circa duecento

Soldati ceceni in preghiera

personalità di grande spicco del mondo musulmano presero una posizione critica nei confronti dello Wahhabismo, dottrina islamica alla base dell’Arabia Saudita.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini dei soldati ceceni che pregano prima della battaglia; così come le benedizioni dei sacerdoti ortodossi agli armamenti e le omelie dei cappellani militari e le adorazioni delle sacre icone.

Un vero e proprio memento per quella parte di mondo materialista e secolarizzata, capace di testimoniare, attraverso immagini provenienti da ambo le parti, l’importanza della dimensione spirituale che anima colui che è gettato al fronte.

Probabilmente un’occasione utile sia per mettere da parte l’inutile tifo da stadio a cui assistiamo dal 24 febbraio scorso, avendo rispetto per il coraggio con il quale i combattenti di ambo le parti stanno affrontando il ritorno della storia, il ritorno della guerra ma anche per ridestarci da un’afflizione divenuta condanna esistenziale strisciante, soprattutto in seguito alle politiche di contenimento della pandemia: la paura della morte.

Il ruolo degli USA

Ogni analisi volta ad approfondire la politica estera americana non può prescindere dai concetti fondativi degli Stati Uniti d’America, che vedono nell’eccezionalismo americano e nel destino manifesto i cardini esistenziali della superpotenza atlantica.

I politici e le istituzioni americane si sono distinti per una lunga storia di sostegno ai nazionalisti e agli scismatici ucraini. Il Patriarca Filaret del “Patriarcato di Kiev” ha persino conferito al senatore John McCain l’Ordine del Santo Principe Vladimir di Primo Grado[16] per il suo sostegno all’Ucraina durante gli eventi del 2014 (Euromaidan, Donbass e Crimea).

Del noto politico americano neocon, già presente fisicamente a Euromaidan, giova ricordare questo passaggio esposto alla folla dal palco: “siamo qui per sostenere la vostra giusta causa, per il diritto sovrano dell’Ucraina di determinare il proprio futuro in maniera libera e indipendente[17]”.

Istituito nel 1998, tramite l’“International Religious Freedom Act” l’Office of International Religious Freedom (IRF), è un importante dipartimento del Ministero degli esteri americano e ha come obiettivo principale, come riportato dal sito ufficiale[18], “promuovere il rispetto universale della libertà di religione o di credo per tutti come obiettivo fondamentale della politica estera degli Stati Uniti. Monitorare abusi, molestie e discriminazioni a sfondo religioso in tutto il mondo e raccomandare, sviluppare e implementare politiche e programmi per affrontare queste istanze”.

Sam Brownback, all’epoca ambasciatore IRF, incontrò Poroshenko l’11 settembre. L’allora presidente ucraino denunciò al rappresentante americano le condizioni di persecuzioni di tutte le Chiese non afferenti al Patriarcato di Mosca nelle aree dichiaratesi separatiste a seguito del golpe del 2014: l’attuale Donbass.

Queste le parole di Sam Brownback in seguito a un incontro con i rappresentanti religiosi della futura nuova Chiesa ucraina: “abbiamo avuto membri della chiesa ucraina e funzionari del governo ucraino che sono entrati e hanno detto: ‘vogliamo fondare la nostra… chiesa’. “Noi abbiamo risposto: ‘per noi va bene, crediamo nella vostra autonomia di strutturare come meglio crediate. Ma è una decisione della Chiesa, non è una decisione presa dal governo degli Stati Uniti. Non diciamo al Collegio cardinalizio quale papa scegliere[19]”.

Nell’intricato susseguirsi di episodi che hanno portato all’attuale conflitto, meriterebbero ulteriori approfondimenti anche i ruoli giocati da Joe e Hunter Biden e Victoria Nuland, inevitabilmente affrontabili in altre sedi.

Le reazioni e le posizioni a seguito del conflitto

L’operazione militare russa, cominciata il 24 febbraio, oltre alle considerazioni meramente geopolitiche ha fatto da detonatore per alcune situazioni irrisolte a livello religioso:

  • La Nuova Chiesa ortodossa di Ucraina, attraverso il metropolita Epifanij, ha condannato l’attacco definendolo “un cinico attacco […] nostro comune compito è respingere il nemico, difendere la patria, il nostro futuro dalla tirannia dell’aggressore”.
  • L’arcivescovo della Chiesa greco cattolica ucraina, Sevchuk ha sostenuto che “il nemico fraudolento ha invaso il suolo ucraino, portando con sé morte e devastazione […] è sacro dovere di ciascuno difendere la patria […] La vittoria dell’Ucraina sarà la vittoria della potenza di Dio sulla bassezza e l’insolenza dell’uomo”.
  • Il metropolita Onufrij, della Chiesa Ortodossa Ucraina, più cauto, si appella alla pace e sostiene che sia importante “fermare immediatamente la guerra fratricida […] Una guerra simile non ha giustificazione né per Dio né per l’uomo”.
  • Il Patriarca serbo ortodosso Porfirije, la figura apicale della locale Chiesa serba, ha invitato i fedeli serbi a pregare affinché ci siano “colloqui di pace il prima possibile” tra Ucraina e Russia “invece della guerra, perché la pace non ha prezzo”, ha detto Porfirije durante una funzione religiosa a Belgrado, il sette marzo.

La lettera del patriarca Kirill: qualche riflessione oltre il bailamme mediatico

Ha fatto molto discutere, in Occidente, l’omelia del 6 marzo, durante la Domenica del Perdono che sancisce l’ingresso nella parte più sacra dell’anno per l’Ortodossia, del Patriarca Kirill. Le polemiche si sono concentrate soprattutto su alcuni passaggi della stessa omelia, ritenuti omofobi, retrivi e retrogradi.

Il patriarca Kirill

Tenendo in considerazione quanto sia ormai evidente, per chiunque voglia ancora utilizzare un certo spirito critico analitico, ossia che l’intero mondo mediatico informativo, con poche e coraggiose eccezioni, si sia definitivamente riposizionato in un contesto di media o info wars, o informazione di guerra. L’informazione è una, sebbene fondamentale, dei componenti attivanti in un contesto di conflitto o in uno stato di belligeranza (più o meno manifesto tramite le sanzioni e l’invio di materiale militare): oltre ad essa si aggiunge l’economia di guerra (coi suoi razionamenti), le leggi marziali (per evitare disordini civili conseguenti alla precedente disposizione). Tutte queste condizioni, con l’aggiunta di uno specifico filtro culturale dominante nella maggior parte dei media, distorcono il significato del Patriarca Kirill.

E’ inoltre importante ricordare che il messaggio del Patriarca va inevitabilmente contestualizzato. Parole proferite in occasione della Domenica del Perdono, quindi un’omelia di carattere penitenziale, con al centro il pentimento a fronte del peccato, essendo l’inizio della Quaresima.

Restando sull’informazione di guerra (o propaganda), questa, oltre ad aver operato un’azione di estrema semplificazione strumentale, sembra aver deliberatamente trascurato alcuni passaggi[20] dello stesso Patriarca che meriterebbero attenzione, vediamo quali:

  • Ma sappiamo che questa primavera è oscurata da gravi eventi legati al deterioramento della situazione politica nel Donbass, che ha portato all’inizio delle ostilità. Vorrei dire qualcosa su questo argomento. Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass. E nel Donbass, c’è un rifiuto, un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che vengono offerti oggi da coloro che rivendicano il potere mondiale.

Oggi è imposta una prova di fedeltà a questo potere mondiale, una sorta di lasciapassare per quel mondo “felice”, un mondo di consumo eccessivo, un mondo di apparente “libertà”.

  • Cosa significa l’azione in Ucraina oggi, dove vi sono stati otto anni di soppressione e sterminio di persone nel Donbass, otto anni di sofferenza, e il mondo intero è stato in silenzio?
  • Tutto questo dimostra che siamo impegnati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico.
  • Allo stesso tempo, dobbiamo pregare che la pace arrivi il più presto possibile, che il sangue dei nostri fratelli e sorelle smetta di essere versato, e che il Signore abbia pietà della terra del Donbass, che da otto anni porta l’impronta dolorosa dell’aggressione del peccato e dell’odio umano.

Questi passaggi dimostrano quanto, secondo la prospettiva del Patriarca Kirill, vi siano implicazioni ulteriori rispetto a quanto evidenziato dalla stampa occidentale. Vi si evincono dei connotati religiosi, culturali e geopolitici più ampi. Viene, infatti, sottolineato il contesto di scontro di visioni di due mondi che si confrontano[21], viene evidenziato l’aspetto geopolitico/storico di un conflitto che a origini lontane e complesse, la cui semplificazione e partigianeria risulterà soltanto ad aumentare la sofferenza delle popolazioni coinvolte, quelle del popolo ucraino in primis.

Questo contesto, quotidianamente approfondito e scarnificato da analisi politiche e geopolitiche, non può prescindere quindi dal contesto religioso che, come si sta tentando di esporre, rimane strettamente legato alle dinamiche e alle scelte politiche, molto più di quanto un Occidente ormai desacralizzato e secolarizzato possa, anche solo lontanamente, intuire.

In ultimo e tenendo in considerazione l’approccio di scontro ideologico, ritornano d’attualità concetti eterni come quelli di kathecon (ciò che trattiene): “la Chiesa Ortodossa Russa sta trattenendo l’anticristo[22]” e poi “perché delle forze esterne si sono sollevate contro le terre russe?”, ha chiesto, “Perché si sforzano di distruggere, dividere, mettere fratello contro fratello?” avrebbe affermato il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill negli ultimi giorni[23].

“Per una presa di distanza dalla guerra si sono espressi 300 preti ortodossi russi (su 40.000). Oltre 400 i preti ucraini, di obbedienza russa, hanno chiesto che Kirill venga dimesso dal suo ruolo […] Nessun vescovo russo si è finora pronunciato contro Kirill. Anzi, sono ormai una decina quelli che ne hanno preso le difese in pubblico […] L’unico che potrebbe prendere una decisione in merito, non in senso legale ma sostanziale, è Putin. È probabile che il prossimo concilio dei vescovi (previsto per l’autunno prossima) discuta della questione ucraina, ma niente suggerisce l’attesa di una delegittimazione di Kirill.[24]”.

La posizione del Papa

Queste le prime parole proferite dal Santo Padre, dopo la sua visita a sorpresa presso l’ambasciata russa[25], domenica 27 febbraio: “Chi fa la guerra – afferma il Papa – dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e

perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio […] Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza […]”.

A distanza di due anni, dopo che durante la Statio Orbis di fine marzo 2020 ove il Santo Padre si rivolse a Dio per chiedere la fine della pandemia, il vicario di Cristo in terra, attraverso l’Atto di Consacrazione[26] al Cuore Immacolato sia dell’Ucraina che della Russia[27], affida a Maria il futuro del mondo[28].

Nelle settimane successive si sono succeduti continui appelli per la pace[29] e per i corridoi umanitari e una dura presa di posizione contro il riarmo e le sanzioni: “la vera risposta – ha proseguito il Papa – dunque non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare”.

Sul frangente della Chiesa Cattolica si è assistito, negli ultimi giorni, alle polemiche legate alla partecipazione di una donna ucraina e una russa alla Via Crucis e al momentaneo naufragare dell’ipotetico incontro tra Papa Francesco e Kirill.

Si può prendere spunto dalle parole del Papa Francesco e da quelle di Kirill, per tornare a considerare, per chi si professa credente, una visione trascendente dell’uomo che riconosca i diritti di Dio e i doveri dell’uomo di fronte alla legge divina.

Il conflitto che infiamma il cuore dell’Europa, con tutta probabilità, non è un conflitto religioso ma un conflitto con una profonda dimensione religiosa, aspetto troppo spesso non considerato.

 

 

Valerio Savioli

[1] In merito alle strategie utilizzate per il rilancio della Russia, non necessariamente legate al presente lavoro, si vedano anche i principi della Dottrina Primakov, la figura di Vladislav Surkov e quella di Sergey Karaganov.

[2] https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-374-1/

[3] Una dottrina capace di riassumere e far coincidere concetti come “interesse nazionale a proiezione imperiale”, antioccidentalismo e conservatorismo religioso.

[4] https://www.vatican.va/content/francesco/it/letters/2013/documents/papa-francesco_20130904_putin-g20.html

[5] https://www.avvenire.it/agora/pagine/vladimir

[6] https://it.aleteia.org/2022/04/11/patriarca-di-mosca-kirill-la-chiesa-ortodossa-sta-fermando-anticristo/

[7] https://www.thearda.com/internationalData/countries/Country_231_2.asp

[8] Il Monaco Filofej nel XVI secolo sosteneva che “due Rome sono cadute (quella di Pietro e di Bisanzio) […] La terza (Mosca) rimane salda e non ve ne sarà una quarta.”

[9] https://uacrisis.org/it/66647-chiesa-nazionale-ucraina

[10] Nella Chiesa latina, arcivescovo; nella Chiesa ortodossa, dignitario che occupa un grado intermedio tra il patriarca e l’arcivescovo.

[11] Il ruolo di primo tra i pari nella Chiesa ortodossa, risale addirittura all’epoca della fondazione di Bisanzio (detta anche la Seconda Roma), dove Costantino stesso presiedeva i concili ecumenici. Ad oggi, oltre l’importanza simbolica, il seguito di fedeli si conta in poche migliaia.

[12] https://www.economist.com/erasmus/2018/09/17/two-patriarchs-clash-mirroring-russian-ukrainian-tensions

[13] https://orthochristian.com/115693.html

[14] http://www.vita.it/it/article/2018/10/15/quella-guerra-di-religione-che-si-profila-in-ucraina/149388/

[15] https://www.asianews.it/notizie-it/Conferenza-di-Grozny:-Il-wahhabismo-escluso-dalla-comunit%C3%A0-sunnita.-L%E2%80%99ira-di-Riyadh-38502.html

[16] http://interfax-religion.ru/?act=news&div=57776

[17] Sul ruolo del neocon John McCain (ma anche dell’attuale presidente Joe Biden e di Victoria Nuland) durante gli episodi di Euromaidan 2014, ci sarebbe molto da approfondire ma per cominciare è sufficiente consultare questo articolo: https://www.lastampa.it/blogs/2013/12/17/news/mccain-in-piazza-insieme-agli-ucraini-1.37082960/

[18] https://www.state.gov/about-us-office-of-international-religious-freedom/#:~:text=The%20Office%20of%20International%20Religious,objective%20of%20U.S.%20foreign%20policy.

[19] https://religionnews.com/2022/03/23/russian-talking-point-blaming-us-for-ukraine-church-split/

[20] https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-369-4/

[21] Su questo si è pronunciato anche Alexandr Dugin, filosofo e politologo russo, autore della Quarta Teoria Politica.

[22] https://www.reuters.com/world/europe/russian-patriarch-says-orthodox-faithful-are-holding-back-antichrist-2022-04-07/

[23] https://it.aleteia.org/2022/04/11/patriarca-di-mosca-kirill-la-chiesa-ortodossa-sta-fermando-anticristo/

[24] https://www.rainews.it/articoli/2022/04/le-chiese-ortodosse-di-fronte-al-conflitto-fb7fa76b-e392-4e14-bc95-45d65bace6ba.html

[25] https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2022/02/25/news/ucraina_papa_francesco_dall_ambasciatore_russo_presso_la_santa_sede_preoccupato_per_cio_che_sta_succedendo_-2862888/

[26] Secondo Avvenire “L’atto di consacrazione è tradizionalmente rivolto a Gesù, alla Beata Vergine Maria, a San Giuseppe e ai tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Il 5 luglio 2013, ad esempio, Papa Francesco ha consacrato lo Stato di Città del Vaticano a san Giuseppe e a san Michele Arcangelo. […] La Madonna, nell’apparizione del 13 luglio 1917 a Fatima, aveva chiesto la consacrazione della Russia al Suo Cuore Immacolato. Dopo Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II anche Francesco ha deciso di consacrare al Cuore Immacolato di Maria la Russia e l’Ucraina ora separate e in guerra tra loro. Avverrà durante la Celebrazione della Penitenza che il Pontefice presiederà venerdì 25 marzo alle 17 nella Basilica di San Pietro. Lo stesso atto, nel medesimo giorno in cui la Chiesa festeggia la Solennità dell’Annunciazione, sarà compiuto a Fatima dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, come inviato del Papa.”

[27] Secondo alcuni analisti, ad oggi, ancora non risulta esser stato portato a termine, da nessun pontefice, la richiesta della consacrazione al Cuore Immacolato per la Russia, stando al mistero di Fatima.

[28] https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/cosa-e-l-atto-di-consacrazione-a-maria

[29] https://it.aleteia.org/2022/04/12/da-soft-a-durissimo-tutti-gli-interventi-del-papa-sulla-guerra-in-ucraina/

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