Ottobre, mese della vendemmia e delle colorate giornate autunnali, volge al termine. Il suo crepuscolo spalanca le porte alle uggiose e malinconiche giornate di Novembre, condite dal freddo vento che annuncia la prossima venuta dell’inverno.
Vuole la tradizione che l’undicesimo mese abbia il proprio incipit nella celebrazione di due importanti ricorrenze cattoliche; il festoso 1 Novembre, dedicato all’esaltazione della gloria di Tutti i Santi, e il più rispettoso 2 Novembre, giorno dedicato alla commemorazione dei defunti. Feste un tempo attese e onorate in tutta Italia. Il pensiero di molti, incluso lo scrivente, potrebbe volgersi a ricordi d’infanzia legati a lunghe passeggiate tra una bancarella e l’altra, magari sotto le piogge fitte, alla ricerca del conforto di qualche caldarrosta e in genere dopo la celebrazione della Santa Messa. Giorni che sembrano lontani, parte integrante di quel “piccolo mondo” che tanto a cuore stava a Guareschi; tradizioni, usi e costumi sempre più relegati nel buio della dimenticanza.
Dove un tempo ci si apprestava a ricordare le giornate di Ognissanti e dei Morti, oggi con frenesia si aspetta la cosiddetta “notte delle streghe” del 31 Ottobre, la celeberrima Halloween, festa tanto cara al mondo anglosassone quanto sconosciuta, almeno nelle sue forme notturne e “carnevalesche”, a quello italiano. Almeno sino a pochi anni fa. Ora le rigide leggi del consumismo, filtrate attraverso un costante bombardamento mediatico, hanno fatto della nottata una nuova occasione di “spendi e spandi” e di corsa al consumo. Tutto a spese della tradizione insita nelle due vicine ricorrenze; dove un tempo si esponevano fiori e simboli religiosi, oggi spiccano tristi sagome di scheletri e zucche ghignanti, frutto di un’incompresa usanza che, come ben cita lo storico Franco Cardini, deriva dal contado inglese che, privato delle ricorrenze legate ai santi dallo scisma anglicano del XVI secolo, ripristinò gli antichi culti precristiani snaturandoli però della “sacralità pagana” attraverso la rappresentazione di figure demoniache, a sua volta derivato dall’immaginario cristiano legato alla morte e agli inferi.
Non tutti si sono adattati all’imposizione dell’ennesima festa consumistica; vi è ancora chi guarda alle antiche tradizioni e ricorrenze. Come diceva Tolkien, sono le radici più profonde quelle che non gelano; e nel freddo della crisi economica e morale che stringe nella sua morsa il mondo, vi è chi ricerca le proprie radici spirituali. Ed è in questo contesto che riscopriamo la figura di Santa Lucilla da Roma, vergine e martire, ricordata proprio il 31 ottobre.
Vuole la tradizione che Lucilla veda la luce nella prima metà del III secolo dopo la venuta di Cristo, soffrendo sin dalla nascita di cecità. Stando alla storia agiografica, il padre Nemesio, noto tribuno al tempo della persecuzione (257-260 d.C.) attuata dall’imperatore Valeriano, chiese al pontefice Sisto II di essere battezzato con la figlia. Secondo il culto cattolico Lucilla, ricevuto il battesimo, riacquistò la vista. La grazia ricevuta spinse Nemesio e Lucilla a rifiutare le pressioni dell’imperatore Valeriano all’abiura, preferendo la via del martirio piuttosto che rinnegare la propria fede: subirono il proprio supplizio lungo la Via Appia.
Le spoglie della santa riposano presso la cappella della Madonna delle Grazie, a Reggio Emilia. Su Lucilla siamo a conoscenza di poche altre nozioni, talmente scarne sono infatti le fonti a nostra disposizione, cosa che la rende una delle figure meno conosciute della cristianità. Nonostante questo la sua figura fu sovente richiamata dai pontefici dei secoli scorsi, simbolo della luce del cristianesimo che trionfa sull’oscurità.
L’importanza della sua figura risiede tutta nel significato del nome; Lucilla significa infatti “nata all’alba”. Nel suo nome s’incarna il messaggio dello stretto legame tra la luce e la fede in Cristo; Lucilla si presenta quale custode della forza del credo, una luce piccola ma intensa che brillò nell’allora alba della cristianità e che oggi, nel momento in cui ci si appresta alla notte della streghe, brilla ancora, illuminando chi guarda al “piccolo mondo” e ne riscopre le radici spirituali.
Nicolò Dal Grande