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"SONO TORNATO", ECCO L'ITALIA DEL TERZO MILLENNIO. Di Emma Moriconi*

Comico e amaro, è lo specchio dell’epoca della decadenza dei valori

Un remake della pellicola dedicata ad Adolf Hitler nel 2015, che ha i suoi pregi ma anche molte lacune

Chi ha visto “Lui è tornato”, il film del 2015 diretto da David Wnendt, basato sull’omonimo bestseller di Timur Vermes, si siede davanti al grande schermo dove sta per essere proiettato “Sono tornato” sapendo già cosa aspettarsi. Il film è praticamente un remake del precedente, cambia il protagonista, in sintesi. Nel primo caso era Adolf Hitler, oggi è Benito Mussolini. Ma le due pellicole sono praticamente identiche: stesso soggetto, stessa trama, stessi dettagli, stessa morale.

“Sono tornato” di Luca Miniero è un film che va in ogni caso esaminato, e che va visto. Intanto, come pure il suo predecessore “tedesco”, possiede una morale: questo mondo va a picco, la perdita dei valori è palpabile, il popolo che non ha una guida va alla deriva. “Cosa aspettate – dice ad un certo punto Benito/Popolizio – che vi arrivi un messaggio su whatsapp che vi dica che stiamo sprofondando?”, con una lunga morale sulle abitudini dei tempi odierni, teste chine sui cellulari, avulsi, tutti, dalla realtà che ci circonda.

Della prima scena colpisce, immediatamente, la corda ai piedi di Benito. Quando si ritrova a Piazza Vittorio, tornato dal passato, il Duce ha i piedi legati. Il richiamo all’orrore di Piazzale Loreto è immediato. Viene poi richiamato da immagini dell’epoca, quelle vere, delle quali a onor del vero una “commedia” avrebbe potuto tranquillamente fare a meno. Peraltro, sono le sole immagini “documentarie” di tutto il film. Perché scegliere quelle di Piazzale Loreto e non, per esempio, quelle della bonifica delle paludi pontine? O dell’inaugurazione di una delle tante città fondate dal Fascismo?

Torna in vita il 28 aprile 1945. Ce lo dice un’inquadratura su di un giornale, è l’anniversario della data dell’omicidio di Benito e di Clara Petacci. Vi sono passaggi forzati, nella pellicola: su tutti la scena in cui Benito spara ad un cagnolino, suscitando l’orrore della platea. La stessa identica scena, in “Lui è tornato”, vedeva Adolf Hitler compiere lo stesso gesto. Nell’era in cui i valori animalisti sono diventati importanti – meno male, c’è da dire – quale migliore idea, per mostrare il “sanguinario dittatore”, di mostrarlo mentre spara a un dolce cagnolino inglese? Mostra, questa scena, una falsità assoluta. Benito Mussolini amava gli animali, vi sono testimonianze documentali che ce lo raccontano.

Altro passaggio dubbio, il ricordo dell’anziana donna malata di Alzheimer, con una pesante e tragica invettiva sulle deportazioni ebraiche. Un’accusa a Mussolini che, però, è storicamente poco documentata. Un’invettiva dovuta, certamente, stante che le deprecabili leggi razziali sono certamente una responsabilità del Fascismo, tuttavia bisognava anche dire, allora, che le deportazioni cominciarono nell’ottobre del 1943, quando Mussolini non era più Capo del Governo. Certo, è una commedia. E una commedia non è necessariamente un documento storico. Ma siccome i riferimenti storici, nella commedia, ci sono, allora bisognerebbe che fossero esatti.

Poi c’è il messaggio. “La democrazia è un cadavere in putrefazione”, dice Benito, deprecando i 63 governi in 70 anni. E ancora: “Continuate a usare parole straniere, vi sentite davvero così inferiori?”

Sono verità che attanagliano questo tempo nel quale pare che i valori si stiano consumando come neve sotto il sole. Motivi per riflettere, questo film ne fornisce, e non pochi. Alcuni sono un po’ esasperati, si spara a zero sulla guerra in Etiopia, rievocando la faccenda dei gas, usata per decenni a sproposito senza una vera e propria argomentazione storica né storiografica, però si evita accuratamente di precisare che il Fascismo in Etiopia spezzò le catene della schiavitù, per esempio. Tuttavia è un film cha fa un po’ sorridere e un po’ riflettere, i temi trattati sono attuali: l’immigrazione, la lingua italiana, la politica, la democrazia, la meritocrazia, il calcio italiano senza giocatori italiani. C’è la critica a una società che ha perso i punti di riferimento, e questo è sotto gli occhi di tutti. C’è la denuncia piena dei mali di un’epoca: “Ho lasciato un popolo di analfabeti, torno dopo 80 anni e vi ritrovo un popolo di analfabeti”. Amaro, sotto molti aspetti, un’amarezza celata dallo stile un po’ goliardico che lascia trapelare tutte le fragilità di questo tempo strano, spesso fatto di superficialità, ma anche di mancanza di una coscienza nazionale. Simbolico ciò che Benito dice nella parte finale del film, sotto minaccia di una pistola: “Tu non mi sparerai, perché se uccidessi me, uccideresti una parte di te e anche una parte di tutti voi”.

È in sintesi ciò che lo sceneggiatore Guaglianone dice a La Repubblica: “In ognuno di noi c’è un pizzico di Benito Mussolini. Non è certo il nostro film a portarlo nella campagna elettorale, il suo fantasma aleggia in molti dibattiti”. E in effetti Benito Mussolini è il personaggio più citato, più discusso, più difeso e più accusato degli ultimi cento anni. Nel bene e nel male, di lui si parla, si discute, lo si ama o lo si odia ancora con veemenza, oltre settan’anni dopo la sua morte.

Un piccolo cinema di provincia, al quarto giorno di programmazione,con quattro spettacoli al giorno, ieri era strapieno. Con Mussolini ancora oggi si può riempire un cinema, non lo si può dire di molti personaggi di questo secolo.

Emma Moriconi

*da Il Giornale d’Italia.it

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