Come abbondantemente previsto, il primo turno delle elezioni regionali in Francia ha ancora una volta premiato il Front National di Marine e Marion Le Pen, che arriva al 28% dei voti su scala nazionale con punte superiori al 40% in Piccardia e in Provenza. Non solo: il FN si lascia alle spalle di più dell’ 1% dei voti il rassemblement di centro-destra di Nicolas Sarkozy (26,9%) mentre i socialisti al governo scivolano al 23,3%.
Ovviamente la notizia ha scatenato in Francia un’orgia di vacua indignazione, sorpresa ad orologeria e ondate di retorica repubblicana (anche se è vero che sconfiggere Marine Le Pen sul campo della retorica repubblican/nazionalista è cosa dura); tuttavia la parte più furba del centro-destra francese si sta accorgendo che la conventio ad excludendum che fino ad oggi è riuscita sterilizzare il FN nelle paludi di leggi elettorali ad hoc, in realtà rafforza il partito delle Le Pen, che ha digerito senza particolari problemi l’uscita di scena del fondatore, Jean Marie, confermandosi ancora una volta un grande “partito contenitore” al cui interno convivono le posizioni tradizionali della droite catholique francese d’antica radice vandeana e controrivoluzionaria con la militanza pro-omosessuale di Florian Philippot, il cd. “numero due” del Partito (definizione errata, che non tiene conto del massiccio successo elettorale di Marion Le Pen-Maréchal: diciamo che ora Philippot è il “numero tre”).
Il collante? L’antibruxellismo, ovvero l’esasperazione per le politiche economiche e sociali imposte da un’Unione Europea che non è più nemmeno a trazione tedesca, rischiando di diventare a trazione turca e permanendo sempre occupata militarmente da un ceto burocratico-politico che allontanerebbe schifato – diciamocelo – dal progetto di integrazione europea anche Schuman.
I cittadini sono “esasperati” è stato infatti il commento al caldo dell’ex presidente Nicolas Sarkozy che nel contempo (ed è qui la vera novità politica) nega che ci sarà qualsiasi forma di desistenza per il secondo turno: crolla quindi il muro “antifascista” che negli anni scorsi aveva rinnovato decine di alleanze tra UMP e socialisti in chiave anti Le Pen, e il “rischio” di un FN al governo di svariate regioni di Francia si avvicina “pericolosamente”.
Dopo l’Ungheria e la Polonia, l’annuncio ufficiale dell’exit strategy inglese dall’UE per il 2017, il cambio di governo in Croazia e la trionfale elezione del Presidente Johannis in Romania, dopo il gioco dei muri anti-immigrati nei Balcani che ha divertito il mondo (non è mancato un singolo paese che in quell’area non abbia cercato di spremere le finanze dell’UE per tener aperte le proprie frontiere alle migrazioni innaturali lungo la pista balcanica, per poi ricorrere a reticolati, muri, poliziotti e gas lacrimogeni non appena è apparso chiaro che non c’era trippa per gatti, e infatti solo la Turchia continua a guadagnare milioni di Euro sul racket dell’emigrazione di massa forzata), la rivolta contro l’ottusità burocratica di Bruxelles e la sua prona venerazione di ogni potere forte mondialista è oramai maggioritaria. Parole d’ordine finora quasi solamente in negativo, ma sufficienti a cambiare gli equilibri politici in più di mezza Europa.
E Bruxelles? Esprime la propria rituale e felpata “preoccupazione”. Continui così. L’ottusità marziana della burocrazia di un’Europa tecnocratica ed astratta si conferma il peggior nemico dell’Europa, ed il miglior alleato degli euroscettici. Et pour cause.
Giovanni Vinciguerra