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BREXIT. HA VINTO LA SCALTREZZA DI BORIS JOHNSON. INTERVISTA A FABIO CAVALERA. A cura di Gennaro Grimolizzi

Fabio Cavalera è stato per molti anni corrispondente da Londra del Corriere della Sera. Conosce bene la politica d’oltremanica e dopo il voto di qualche giorno fa, che ha consegnato la Gran Bretagna ai conservatori, analizza con Domus Europa i prossimi scenari politici ed economici. Scenari che riguarderanno, nonostante tutto, ancora da vicino l’Europa.

Un leader anglosassone, innamorato della cultura latina e del poeta Orazio. Boris Johnson è un personaggio che unisce e divide al tempo stesso?
«Boris Johnson è un personaggio eccentrico ed egocentrico, certamente molto intelligente e furbo ma anche ambiguo. Basti pensare che decise di sposare la causa della Brexit solo per un calcolo personale di scalata a Downing Street. Il giorno in cui fece la scelta antieuropea aveva nelle tasche della giacca due dichiarazioni, una a favore del remain e una a favore del leave. Solo all’ultimo istante decise di schierarsi per la Brexit. Questo dimostra quanto sia attento ai suoi personali interessi finalizzati al potere. Più che unire è un personaggio che divide. Ciò non toglie che sia un politico a suo modo testardo e coraggioso, capace di crearsi condizioni politico-parlamentari favorevoli per portare a termine la Brexit e governare con ampia maggioranza» .

I britannici tre anni fa hanno scelto la Brexit. Pochi giorni fa con il voto hanno confermato la loro scelta, facendo vincere i conservatori. Hanno le idee chiare sull’Europa…
«Diciamo la verità. Quello sulla Brexit al referendum fu un voto di protesta, un voto contro l’establishment londinese, un voto contro il laburismo privo di idee e di iniziative, un voto che si coniugò con un antieuropeismo da sempre latente nella società inglese ma non quella scozzese, gallese e irlandese. Le elezioni politiche hanno confermato questo trend. I conservatori stravincono in Inghilterra, nella campagna da sempre tory e nelle vecchie roccaforti rosse del Nord, dove una volta i laburisti erano molto forti. L’idea chiara era ed è che bisognava uscire dall’incertezza e che il risultato del referendum non poteva e non può essere sovvertito da giochini di palazzo» .

Con Boris Johnson le due sponde dell’Atlantico, paradossalmente, si avvicinano dopo le parole di elogio di Trump.
«La relazioni fra le due sponde dell’Atlantico sono sempre state speciali. Chiaro che il disegno di Trump, che è quello di indebolire l’Unione Europea, ora trovi campo più fertile a Londra. E’ altrettanto vero che Boris Johnson non potrà e non vorrà isolarsi dall’Europa e cercherà di trattare accordi commerciali aperti con la UE, spinto anche dalla City. Sarà una bella partita: non è interesse di Johnson e di Londra isolarsi e sposare la causa della amministrazione americana».

La soluzione di Londra come “Singapore sul Tamigi” è realistica?
«Londra è già una città-stato e l’economia britannica già vive grazie a una fortissima economia di servizi finanziari. Ma Londra non può permettersi di dimenticare le altre nazioni che hanno vocazioni diverse. Se Londra sceglierà di accelerare verso una soluzione tipo Singapore si accentueranno le spinte nazionaliste e indipendentiste. Il Regno Unito rischierà così di spaccarsi» .

Lo scenario si complica per l’Irlanda del Nord. Mary Lou McDonald, presidente di Sinn Féin, ha evidenziato che non può essere ignorata la richiesta di un referendum sulla riunificazione dell’Irlanda. Come andrà a finire?
«Si complica il quadro irlandese e si complica il quadro scozzese. In Scozia e in Irlanda il voto non è stato un plebiscito per Johnson. Anzi proprio il contrario. Il referendum lo vogliono gli scozzesi e lo vuole il Sinn Féin. Sono spinte crescenti e sono un grande pericolo lungo il percorso di Johnson. Come andrà a finire non lo sa proprio nessuno perché dipende da come si svilupperanno i nuovi rapporti con l’Europa» .

La vittoria dei conservatori ha causato un forte ridimensionamento dei laburisti. Il fronte di sinistra è sempre più indebolito in Europa?
«I laburisti escono a pezzi. La dimostrazione della loro inconsistenza politica è data dai risultati nelle loro tradizionali roccaforti dove da anni sono in asfissia. Come del resto in altri paesi europei a cominciare dall’Italia. La sinistra soffre e soffrirà fino a che non troverà leader credibili, affidabili, in grado di dare idee riformiste robuste. Fino che non tornerà a parlare ai meno garantiti, ai giovani, agli arrabbiati e ai disoccupati».

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