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DISASTRO PD, ADDIO ALLA TOSCANA ROSSA. SALVINI ASSO MANGIA-TUTTO, BENE I CINQUE-STELLE. Di Claudia Fusani*

Amministrative choc per il Partito democratico. Il Pd perde sette capoluoghi su dieci. Immigrazione e sicurezza le parole chiave a Pisa e a Massa. A Siena i 5 Stelle hanno dato i loro voti alla destra. La sinistra perde anche Imola (ai 5S) e Ivrea (al centrodestra). L’ex ministro Scajola ricomincia da Imperia. E a Berlusconi dice: “Il centrodestra non c’è più e lascia perdere la Lega sovranista e populista”.

C’è uno sconfitto, il Partito democratico. E c’è un vincitore, unico e assoluto: Matteo Salvini che può dire conclusa, con oggi, la più lunga campagna elettorale di sempre. “Storiche vittorie della Lega in Comuni amministrati dalla sinistra da decenni. Più la sinistra insulta, più i cittadini ci premiano. Prima gli italiani, io non mi fermo” twitta a notte fonda. Da oggi deve governare.

Quando sarà scritta la storia del Partito democratico, un capitolo speciale sarà dedicato a questo 24 giugno 2018, un piccolo ma importante voto amministrativo che ha segnato la fine di una storia lunga settanta anni – quella della cosiddetta “Toscana rossa” – e di un partito – il Pd, appunto  – che di anni ne ha appena dieci ma doveva essere la prosecuzione della tradizione della sinistra italiana in quello scioglilingua di sigle Pci, Pds, Ds, Pd che ieri ha concluso la sua parabola. Può darsi che il Pd risorga, sappiamo che il voto amministrativo, quello nei comuni, racconta da sempre una storia a sè rispetto al voto politico. Di sicuro, al di là della sigla e del nome che porterà, questa parte politica deve essere rifondata e ripensata.

L’Italia è blu con qualche trincea rossa

Il voto del 24 giugno 2018 certifica quanto è stato già chiaro il 4 marzo e ancora di più nei quattro mesi successivi: il centrodestra vince nel paese, e nel centrodestra vince la Lega di Matteo Salvini. Il Movimento 5 Stelle tiene ma ha ancora molte difficoltà a livello locale. La cartina cromatica del paese che ha votato in questi mesi – il 4 marzo, le due regionali (Basilicata e Friuli) e i 7 milioni delle amministrative – disegna un’Italia blu, con qualche trincea rossa – Brescia già al primo turno, e poi Ancona, Brindisi, Teramo – e qualche punteggiatura gialla ad Avellino e a Imola. E non c’è dubbio che ciò che impressiona di più è la Toscana dove su 10 capoluoghi di provincia, negli ultimi tre anni ben cinque sono passati al centro destra (Massa, Pisa, Siena, Pistoia, Grosseto, Arezzo) e due ai 5 Stelle (Livorno e Carrara anche se non è esattamente capoluogo). Al centrosinistra sono rimasti solo Firenze, Prato e Lucca.  Qua e là altre sconfitte che bruciano come Imola e Ivrea (per la prima volta dal dopoguerra la sinistra non governa più) Sondrio e Cinisello Balsamo. 

La debacle in Toscana

I segnali negativi per il centrosinistra toscano, e segnatamente per il Pd, non erano mancati. Anzi. Tutti e tre i capoluoghi di provincia chiamati a rinnovare i consigli comunali – nel secondo dopoguerra, pur con brevi interruzioni come nel caso di Pisa, costantemente egemonizzati dal Pci e dai loro eredi – avevano motivi propri per alimentare la spinta al cambiamento di mano: a Siena le ferite dolorosamente aperte dalla crisi del Monte dei Paschi, che per quasi settant’anni s’era totalmente identificato con la comunità e con il potere politico locale; a Massa i problemi di un tessuto economico un tempo caratterizzato da industrie soprattutto meccaniche e oggi ridotte al lumicino, dove il terziario è in affanno costante; nella città delle Torre pendente le contraddizioni di una cittadinanza che tradizionalmente ha vissuto con scarsa simpatia la presenza di una enorme popolazione studentesca di fuori sede e negli ultimi anni non ha saputo integrare la crescente presenza di immigrati di origine africana. Su questi argomenti si sono concentrate le campagne elettorali del centrodestra, la cui carta vincente s’è dimostrata la frequente testimonianza di Matteo Salvini.

Il jolly Salvini a Siena

Il segretario della Lega è stato in tour in Toscana più di qualsiasi altro leader e negli ultimi giorni, durante l’affollatissimo comizio a Siena e la partecipata cena sul Ponte di Mezzo a Pisa, ha toccato con mano come la linea dura sull’immigrazione abbia colto nel segno. Il ministro dell’ Interno ha usato con sapienza altre parole d’ordine (“difesa sempre legittima”) nei luoghi dove si sono create condizioni favorevoli per spingere sull’acceleratore della sicurezza. Di certo, argomenti così hanno funzionato a Pisa, città tutt’altro che pericolosa ma dove alcuni recenti episodi di cronaca nera hanno alimentato la sensazione contraria.

Per il centrosinistra la botta è durissima. Difficile verificare a caldo che si tratti anche di un ennesimo stop ai renziani visto che nessuno degli sconfitti si può annoverare tra i fedelissimi dell’ex segretario del Pd. Nella città del palio Luigi De Mossi ha prevalso per soli 377 voti sul sindaco uscente Bruno Valentini, che probabilmente è stato danneggiato dalla scarsa partecipazione al voto  (56,2%). Titolare di un avviato studio legale, vicino alla Lega, De Mossi per vincere ha potuto contare sull’appoggio di Forza Italia e Fratelli d’Italia e di una lista civica. Valentini era candidato del centrosinistra per “Lista civica Per Siena”, “Lista civica In Campo” e “Partito Democratico”. A suo favore s’era dichiarato anche il popolare sindaco degli anni Novanta Pierluigi Piccini, ora indipendente e reduce da un buon risultato al primo turno. Non è bastato.

La Lega espugna Pisa

Più netta, e quindi forse ancora più difficile da superare per il centrosinistra, la sconfitta subita dal suo candidato Andrea Serfogli a Pisa. Il nuovo sindaco è Michele Conti (52,3%). L’indicazione di Serfogli, politico di lungo corso, era stata molto travagliata, ma alla fine gli scissionisti ex Pd, che hanno il proprio punto di riferimento nel popolare ex sindaco Paolo Fontanelli, avevano dato indicazione di voto a suo favore. Troppo tardi. Conti, 48 anni, non è un esordiente della politica locale: in consiglio comunale aveva in passato rappresentato An di Gianfranco Fini. Direttore del Consorzio Agrario, è un uomo di destra senza cedimenti centristi. Appoggiato in un primo tempo da Lega e Fratelli d’Italia, solo successivamente aveva ottenuto il via libera di Forza Italia. Anche nel suo caso, determinante al ballottaggio l’endorsement caloroso di Salvini.

I 5 Stelle spingono la destra a Massa

Impressionante, in termini di dimensioni, il successo del centrodestra a Massa (Francesco Persiani sull’uscente Alessandro Volpi con il 56%). Anche nel capoluogo ai piedi delle Apuane l’affluenza ai seggi è stata molto bassa (54,9%), otto punti in meno di due settimane fa. Avvocato, Persiani era stato congiuntamente indicato a marzo da Manuel Vescovi, segretario regionale della Lega, Stefano Mugnai, coordinatore regionale di Forza Italia, e Giovanni Donzelli, il deputato plenipotenziario toscano di Fratelli d’Italia. Come a Siena e Pisa, è probabile che sul nome del candidato del centrodestra siano stati silenziosamente convogliati i voti dei Cinquestelle locali, che a un tiro di schioppo possono contare sul sindaco di Carrara, eletto lo scorso anno. Il primo cittadino uscente Volpi, docente universitario e commentatore politico per il quotidiano Il Tirreno, ha pagato il basso profilo e la scarsa propensione alla politica degli annunci.

Luci e ombre nei 5 Stelle

A livello locale non è stato replicato il  “contratto di governo” giallo-verde e si è invece riproposta la colazione di centrodestra. I 5 Stelle, quasi escluso dai ballottaggi dopo il primo turno, si misuravano soprattuto in tre sfide dirette: Avellino, Terni e Ragusa. Ne ha vinto solo una, Avellino, dove Vincenzo Ciampi ha recuperato ben venti punti percentuali rispetto al candidato del centrosinistra Nello Pizza che al primo turno aveva raggiunto il 42,9%. I 5 Stelle hanno perso Ragusa dove il sindaco uscente Antonio Tringali (in vantaggio al primo turno) non è riuscito a fermare il candidato di Fratelli d’Italia Giuseppe Cassì. Escono sconfitti da un duello analogo anche a Terni, un’altra città “rossa”, città di fabbriche e operai, commissariata per questioni di bilancio e conquistata dal candidato della Lega Leonardo Latini. L’analisi dei flussi dirà nelle prossime ore se e quanto il voto del partner di governo, la Lega,  è andato in aiuto dei 5 Stelle dove non era presente al ballottaggio. Di sicuro possiamo dire che a Siena i 5 Stelle, un tesoretto del 20% che non aveva presentato la lista, hanno dato una grossa mano alla vittoria di Luigi De Mossi.  E anche a Pisa i 5 Stelle, o almeno la sua parte destra, sono stati decisivi per la vittoria per pochi voti di Michele Conti (centrodestra). Per Luigi di Maio è stato comunque un grande successo. “Imola e Avellino sono due risultati straordinari che ci devono rendere orgogliosi” ha scritto stanotte su twitter il capo politico del Movimento andando poi a scomodare paragoni epici, “Davide ha battuto ancora una volta Golia”.

Rispetto ai 15 capoluoghi al voto, il Movimento partiva da 4 comuni e ne ha conquistati 5. Più in generale,  in questa tornata amministrativa sono stati eletti in totale 9 sindaci del Movimento 5 Stelle. Oltre a quelli di Avellino, Imola (Bologna), Acireale (Catania), Pomezia (Roma) e Assemini (Cagliari) al primo turno era stata la volta di  Crispiano in Puglia,  Ripacandida in Basilicata,  Pantelleria in Sicilia e Castel Di Lama nelle Marche. L’arretramento, soprattutto in termini di voti rispetto al 4 marzo, si misura con chiarezza a Roma dove, dopo due anni di giunta Raggi, il Movimento ha perso ben due municipi della Capitale tornati entrambi al centrosinistra.

Il caso Scajola

Quello di Imperia è stato il case history di questo appuntamento elettorale sul fronte del centrodestra. Il due volte sindaco, tre volte ministro, organizzatore di Forza Italia nel 1994, piegato da un paio di inchieste giudiziarie, ha vinto la sua personale sfida contro la Forza Italia modello Giovanni Toti. A trazione quindi leghista, sovranista e nazionalista. Così almeno è stato percepito il suo avversario Luca Lanteri:  Imperia ha preferito l’usato garantito, per quanto ammaccato, Claudio Scajola (52,4%). I due se ne sono date e dette di santa ragione per tutta la campagna elettorale. Di sicuro Scajola sta offrendo un modello e un’alternativa a Forza Italia. Il messaggio per Silvio Berlusconi è chiaro. “C’è bisogno di alternative chiare alla linea sovranista e populista che Salvini sta dando al centrodestra” ha detto il neo sindaco appena avuta la sicurezza della vittoria. Il centrodestra, nei fatti, “non esiste più: la Lega governa con i 5 Stelle e Salvini sta cannibalizzando Forza Italia. E’ chiaro – è convinto Scajola – che c’è bisogno di una nuova proposta politica di centrodestra, liberale e moderata, un mix di novità ed esperienza, che possa essere alternativa alla deriva sovranista e populista”. Nei prossimi giorni Scajola vedrà Berlusconi che sta organizzando la ripartenza di Forza Italia.

Claudia Fusani, giornalista parlamentare.

* tratto da http://notizie.tiscali.it

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