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DALLA LETTERATURA A CROCE AL CRISTO PANTOCRATORE, MAFFIOLO PERPETUA LA SIMBOLOGIA MEDIEVALE. Di Marcello Giuliano.*

Come felicemente nota il Prof. Roberto Filippetti, a seguito dei suoi annosi studi sulla Cappella di Santa Maria della Carità, detta Degli Scrovegni, quel grande complesso simbolico degli affreschi di un Giotto maturo, e ben ispirato da un teologo di altissima preparazione, a nostro avviso l’agostiniano Alberto da Padova, (vedi il Pisani), la lettura degli affreschi, tra quello del Padre, sull’arco trionfale, e quello del Giudizio Universale, sulla controfacciata, non sarebbe completa se non ci soffermassimo sul medaglione del Cristo Pantocratore, posto nella prima campata della volta a botte, dalla parte del presbiterio.

Il Professore, sostenuto da un’ ormai ventennale ricerca di importanti riferimenti numerici nell’ arte medioevale, ha voluto contare pazientemente i raggi che circondano il Pantocratore di Giotto e ne ha individuati 153. Questo è un numero simbolico per più motivi. Si riferisce ai 153 grossi pesci della pesca miracolosa, avvenuta dopo la risurrezione di Cristo (Gv 21, 1-14), la terza volta, ci dice l’Apostolo Giovanni, che Gesù si manifestava ai Discepoli dopo essere risorto. Risorto in quell’ottavo giorno, che inizia il primo giorno dopo il Sabato e si protrae per i quaranta giorni della sua permanenza in terra prima dell’Ascensione, aprendo l’era degli ultimi tempi.

Gesù aveva chiesto agli Apostoli se avessero qualcosa da mangiare, come un tempo chiese alla Samaritana, se avesse potuto dargli da bere. Nell’uno e nell’altro caso, la risposta fu negativa.

Nell’apparizione ai discepoli ignari, Gesù invita a gettare la rete dalla parte destra della barca, dalla parte di Cristo, di coloro che sono alla Sua destra. Gettarono la rete e non riuscivano nemmeno a ritirarla su per la grande quantità, ma la quantità  non era lasciata nell’indefinitezza. Il numero viene detto al v. 11, dove si specifica anche che la conta fu effettuata da Pietro dopo essere risalito sulla barca: Allora, Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. A quel punto Gesù invita al pasto di comunione.

Ma la cifra dei pesci non è solo di Giotto. Nella Chiesa del Corpus Domini, in Pagliaro[1], risalente al tardo XV secolo, sorge la Cappella del Risorto, risalente al XIII sec. ed affrescata nell’ultimo ventennio del ‘400. Un vero gioiello, impreziosito, dopo la ristrutturazione che lo inglobò con una variazione di novanta gradi dell’orientamento del luogo sacro, dalle Storie di Cristo del Maffiolo, o, Matteo da Cazzano (oggi Cazzano Sant’Andrea presso Gandino -BG-).

Gli affreschi spaziano dal’Annunciazione alla Ascesa in Gloria, al grande tondo del Cristo Pantocratore, che chiude la volta, al centro di un sole radiante.

Anche gli affreschi del Maffiolo, come quelli di Giotto nella Scrovegni, non vanno letti nella linea sequenziale, da sinistra a destra, cosa per altro possibile, ma che limita ad un’informazione didascalica sulla vita del Signore, bensì anche dall’alto verso il basso e ciascuno a confronto con il precedente ed il successivo, individuando significati simbolici decifrabili solo cogliendo le reciproche connessioni, che consentono di svelare la presenza della croce come simbolo informante tutta l’opera. Avendo riscontrato la lettura simbolica a croce di Giotto, ho pensato di poter rintracciare un’ulteriore analogia con la sua chiave di lettura anche nei raggi del Tondo di Pagliaro, alla ricerca di quel numero 153, che solo una volta compare nella Bibbia, nel Vangelo secondo Giovanni al capitolo 21.

Così, ho contato i raggi: ancora 153! Che gioia scoprire che anche in questa Cappella niente è lasciato al caso, o, all’improvvisazione ed originalità  del singolo artista, ma è segno di una mente illuminata dalla Sapienza.

Se analizziamo il numero 153, sommando le singole cifre che lo compongono, abbiamo un totale di 9 unità, che richiamano 3 volte il numero 3= 1+5+3=9. Se il Cristo Pantocratore è il Cristo Risorto nella Gloria, ma che reca i segni della passione, non si può mancare di pensare che Cristo muore e poi risorge al terzo giorno. Ponendo il Tondo al centro della volta a crociera, ancora un volta ritorna la croce, ma qui anche nell’architettura, grazie all’incrocio delle quattro vele, disegnate dai quattro costoloni. Ciò equivale a porre al centro del Santuario la morte e resurrezione, giacché verso il centro della volta a croce convergono i 153 grossi pesci simboleggiati dai raggi, cioè, i salvati dalla rete gettata nel mare, che entrano nel Regno (Mt 13, 47).

Tutti convergono verso il Dies Domini. Nell’apparizione di Giovanni 21, 1-14 tutto ruota attorno al Risorto, a quel Gesù che celebra il pasto di comunione, come in Cielo lo celebra nella gloria. Così, ogni pescato partecipa sia alla passione che alla resurrezione di Cristo.

Forse, Maffiolo non aveva visto la Cappella degli Scrovegni, ma il teologo, che, certo, lo ispirò, forse francescano, -visto che la bergamasca era spesso battuta da San Bernardino da Siena, pacificatore tra le fazioni sempre in lotta per contendersi la supremazia-, avrà  lasciato un’impronta della reminiscenza giottesca. Sappiamo, infatti, che i francescani erano molto legati all’arte di Giotto fin dai tempi della Basilica di Assisi. Il tutto sarebbe verosimile.

Marcello Giuliano

[1] Pagliaro è frazione di Algua (BG), nella Val Serina, una valle laterale della Val Brembana, in Provincia di Bergamo.

*Tratto dal sito http://www.libertaepersona.org

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