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CORTE U.E.: STATI MEMBRI NON OBBLIGATI AL RILASCIO DEI VISTI PER RIFUGIATI. L'IMMIGRAZIONE RESTA UN PROBLEMA DEL SUD EUROPA. Di Claudio Giovannico.

La Corte di Giustizia Europea, in una sentenza[1] di alcuni giorni fa, ha escluso l’obbligo per gli Stati membri di concedere visti umanitari ai profughi che intendono recarsi nel loro territorio con «l’intenzione di presentare, dal momento dell’arrivo in tale Stato membro, una domanda di protezione internazionale», ossia di chiedere asilo. Secondo il massimo organo giurisdizionale comunitario i singoli Stati sarebbero liberi di decidere sulla base dei rispettivi diritti nazionali, poiché il diritto europeo regola, attraverso il Codice dei visti, solo i casi di richieste per il transito o soggiorni della durata massima di 90 giorni.

Nel caso di specie oggetto della sentenza, è stata data ragione al governo belga che si era rifiutato di concedere il visto umanitario a una famiglia siriana che il 12 ottobre 2016 avevano presentato domande di visti all’ambasciata del Belgio a Beirut, in modo tale da lasciare Aleppo e poter presentare successivamente richiesta d’asilo in Belgio.

La pronuncia espressa ha contraddetto le conclusioni del parere non vincolante cui era pervenuto l’Avvocato generale della stessa Corte, Paolo Mengozzi, per cui i Paesi sarebbero al contrario obbligati al rilascio dei visti d’ingresso laddove i richiedenti fossero evidentemente esposti al rischio di subire torture o altri trattamenti disumani vietati dalla Carta dei diritti fondamentali Ue.  Pertanto, si avanzava la possibilità di interpretare il Codice dei visti alla luce delle norme che tutelano i diritti umani e dagli obblighi internazionali posti dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951 e dalla CEDU.

La Corte europea di Giustizia ha invece ritenuto – confermando le posizioni espresse in precedenza dalla Commissione e dagli Stati membri intervenuti (guarda caso, tutti del centro-nord Europa) – che la vicenda andasse oltre l’ambito del diritto dell’Unione, non trovando di conseguenza applicazione la Carta dei diritti fondamentali.

Tuttavia, a modesto avviso di chi scrive il caso di fattispecie presenterebbe, nella richiesta dei visti, in ragione di pericolo concreto di permanenza sul territorio siriano, le condizioni per decidere sulla base della disciplina del Codice dei visti, rientrando a tutti gli effetti dunque nel diritto dell’Unione e nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali. Essendo irrilevanti ai fini del rilascio del visto le “intenzioni” di chiedere asilo una volta giunti sul territorio del Paese membro, eventualità che invece prevede la competenza nazionale.

La sentenza nell’affermare che «permettere ai cittadini di paesi terzi di presentare domanda di visto per ottenere protezione internazionale nel paese membro di loro scelta metterebbe a rischio il sistema» di asilo europeo, non fa che confermare in via indiretta l’esclusiva responsabilità del diritto d’asilo in Europa in capo al Paese di primo sbarco. Di certo non una buona notizia per l’Italia e la Grecia, i due Paesi in cui per lo più si riversa l’arrivo massiccio di rifugiati dalla Siria e dalla Libia, alla luce altresì del fallimento del sistema di ricollocamento proposto dalla Commissione europea. La questione immigratoria resta pertanto un problema di alcuni Paesi del sud dell’Europa, con Bruxelles e i Paesi del nord spaventati, con l’avvicinarsi del voto in Germania, Francia e Olanda, dall’avanzata dei populismi euroscettici.

Un’Europa così divisa in due appare dunque insostenibile e non si sa per quanto possa ancora durare il giocattolo prima che si rompa definitivamente. Risulta dunque sempre più necessario affrontare il problema dell’immigrazione per mezzo di un intervento politico di respiro europeo. L’attuale sistema comunitario presenta numerose criticità al suo interno, emerse in relazione all’ingrandimento del fenomeno migratorio, mostrandosi perciò impreparato a gestire una crisi di tali proporzioni. Bisognerebbe mettere mano in primis ai famosi trattati di Dublino, ma soprattutto è fondamentale che il fenomeno dell’immigrazione venga trattato su più fronti, non solo quello normativo, ma anche sul piano della politica estera, con interventi mirati alla stabilizzazione di determinate aree territoriali in difficoltà e accordi con i relativi governi locali nella lotta allo sfruttamento e alla clandestinità.

Claudio Giovannico

[1]http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9ea7d0f130d6e56272134ea740329c88d0cf09ed196f.e34KaxiLc3eQc40LaxqMbN4PahqNe0?text&docid=188626&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir&occ=first&part=1&cid=49024

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