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LA BRAMINIZZAZIONE DI GESU' CRISTO. di Adolfo Morganti

Più di dieci anni fa, in un importante numero della rivista Avallon del 2005 dedicato a I Fondamentalismi: parodie moderne della religiosità (con articoli di Franco Cardini, Maurizio Blondet, Domenico Losurdo, Giuseppe Cosco, Paolo Naso e del sottoscritto), avevamo iniziato a sottolineare l’inedita e modernissima vitalità dei fondamentalismi religiosi, la loro profonda solidarietà reciproca e – apparentemente incredibile – sinergia strategica. Tipiche opere della modernità ideologica, ircocervi fra cascami di antiche tradizioni religiose reinventate individualmente more protestantico e pretese di rinnovamento rivoluzionario della realtà mondana. Oscurato dal grande successo massmediale del fondamentalismo “islamico”, nel grande continente indiano da alcuni decenni il fondamentalismo “indù” è nato, cresciuto, si è affermato politicamente e oggi si trova a guidare le sorti mondane di buona parte quello Stato, che conta più di un miliardo di abitanti e permane una delle “grandi potenze nascoste” del XXI secolo.

Parte essenziale di ogni fondamentalismo è, come noto a tutti gli studiosi, la reinvenzione di una storia “sacra” ad esso necessaria per darsi un pedigree ed una profondità storica inesistente. Al di là dell’ilarità che immediatamente la cosa provoca, la diffusione – invero catacombale – della notizia di una rinnovata campagna di stampa in India tendente a trasformare la figura storica di Gesù Cristo in un bramino dell’India Tamil, non morto in croce grazie al suo dominio dello yoga, defunto in India a 49 anni ed ovviamente non risorto, assume invece la dignità di sintomo, ben più ampio del contesto indiano.

Nel 1946 un certo Ganesh Samovar Savarakar, fondatore nel 1925 dell'”Organizzazione dei volontari per la nazione” (nome che è tutto un programma, ed una dimostrazione del successo della colonizzazione della cultura occidentale in India), pubblicò in India una sua Introduzione a Cristo (“Christ Parichay“), recentemente ristampato a Mombai (l’antica Bombay) da una Fondazione fondamentalista indù. In questo testo l’Autore riscriveva la biografia di Cristo, indianizzandolo e reinserendolo nello schema storico-culturale del braminato indù tradizionale, cui egli stesso apparteneva.

Cosa c’è di strano? Che in realtà queste dottrine sono di chiara origine occidentale. Già dagli inizi del XX secolo la Teosofia occidentale, setta sincretista ed occultista tipicamente anglosassone, espandendosi in India sulle vie dell’imperialismo britannico e collaborando attivamente – tra l’altro – con le autorità coloniali inglesi per diffondere fra gli indù il culto idolatra della regina Vittoria, per prima diffuse in India la dottrina singolare secondo cui Cristo sarebbe morto in India dopo una finta morte in Croce in Palestina, confondendolo volutamente con la figura standard del saggio indù, e del bramino d’alta casta.

Questa è la singolare sorte di ogni fondamentalismo: nella pretesa di tornare alle radici della propria esperienza religiosa, i fondamentalismi si condannano a rifriggere la schiuma dei deliri (pardon, delle “visioni”, “rilevazioni”, “tradizioni esoteriche”, etc.) dei fondatori delle più screditate sette europee otto-novecentesche. Oltretutto in notevole ritardo.

 Adolfo Morganti

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