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FEDOR DOSTOEVSKIJ E LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE. di F.M. Agnoli

Martedì 24 marzo un redattore del quotidiano “La Voce di Romagna” si è andato a leggere il “Diario di uno scrittore” di Fedor Dostoevskij e ne ha tratto un breve articolo così presentato: “Dostoevskij aveva previsto tutto 140 anni fa: I cristiani vengono massacrati per opera di un’orda musulmana selvaggia e l’Europa è indifferente”.
In realtà più che di una previsione si tratta di una constatazione. Solo che la Storia a volte si ripete.
Siamo nell’estate del 1876 e l’Europa e la Russia sono, come oggi, alle prese con la “questione d’Oriente”. Una questione che 140 anni fa era incentrata sulle convulsioni preagoniche dell’Impero turco e i cristiani perseguitati e massacrati non erano ancora quelli armeni (non ci mancava tanto), o di oggi, ma quelli della Bosnia, dell’Erzegovina e, soprattutto, della Bulgaria (a difesa dei quali la Russia farà, di lì a un anno, guerra alla Turchia).
L’ortodosso, slavofilo Dostoevskij si indigna e scrive: nel “Diario” (che in quegli anni veniva regolarmente pubblicato ogni due mesi): “Tutta l’Europa, o per lo meno, i suoi rappresentanti più eminenti, quegli stessi uomini e quelle stesse nazioni che hanno gridato contro la schiavitù, hanno distrutto il commercio dei negrieri, distrutto in casa loro il dispotismo, proclamato i diritti dell’uomo, creata la scienza e sbalordito il mondo con la sua forza, che hanno animato e celebrato l’anima umana con l’arte e i suoi ideali, acceso l’entusiasmo e la fede nel cuore degli uomini, promettendo loro in un prossimo futuro giustizia e verità; a un tratto questi stessi popoli e nazioni, tutti (quasi tutti), in un dato momento hanno voltate le spalle a milioni di esseri infelici, cristiani, uomini, loro fratelli, morenti, insultati, e aspettano con impazienza, e sperano l’istante in cui essi saranno schiacciati, come serpi, come cimici, e ammutoliranno finalmente le loro disperate grida di aiuto, che ora irritano e agitano l’Europa. Perché proprio serpi e cimici li ritengono, anzi peggio: decine, centinaia di migliaia di cristiani vengono massacrati come si elimina una rogna perniciosa, vengono estirpati dalla faccia della terra con tutte le radici. Sotto gli occhi dei fratelli morenti le sorelle vengono violentate, sotto gli occhio delle madri i bambini lattanti vengono scagliati in aria e ripresi a volo con le baionette; i villaggi sono distrutti, le chiese ridotte in macerie, tutto spietatamente sterminato, e ciò per opera di un’orda musulmana selvaggia, infame, maledetta, avversaria della civiltà”.
Sembra il quadro dell’Iraq e, ancor più, della Siria di oggi, con i cristiani perseguitati e uccisi dall’orda musulmana dell’IS (“autentico islam” lo ha definito il consulente della Casa Bianca Edward Luttwak ) e della Jihad. E anche oggi, come allora, non si tratta “dell’opera di una schiera di briganti, raccoltisi casualmente durante una rivolta o il disordine di una guerra (…) I briganti agiscono per ordine ricevuto, per disposizione dei ministri e dei dirigenti dello Stato, dello stesso sultano”. Magari non sarà proprio di un’armata al dichiarato servizio di un sultano o di un presidente della Repubblica, ma certamente, oggi come allora, nemmeno di briganti o altri disperati riuniti dal caso o da qualche sventura.
In centoquarant’anni le armi della diplomazia si sono affinate, l’ipocrisia è aumentata e divenuta di rigore per chi non vuole finire nell’elenco degli “Stati canaglia”. Di conseguenza, difficilmente uno Stato, un governo sono disposti ad arruolare ufficialmente i briganti sotto le proprie insegne, a dare apertamente l’ordine delle stragi. E’ più che sufficiente fornire un “progetto”, i mezzi, le armi, l’addestramento per attuarlo, i “santuari”, dove riparare e riorganizzarsi in caso di bisogno. E non sono pochi gli Stati del Vicino Oriente sui quali grava il serio sospetto di avere contribuito, in un momento o nell’altro, in un modo o nell’altro alla nascita o alla crescita dell’Is.
All’epoca di Dostoevskij l’Europa si mostrò indifferente alla sorte dei cristiani ortodossi della Bosnia, dell’Erzegovina e della Bulgaria, tutti sotto dominio turco, ma alla fine consentì, sia pure ponendo condizioni (fra queste non toccare Costantinopoli,, mano libera all’Austria su Bosnia e Erzegovina), di intervenire alla Russia, che, scottata dalla guerra di Crimea, non osava farlo senza il placet europeo.
Oggi l’Occidente (l’Europa al di qua e al di là dell’Atlantico, come alcuni amano dire) fa di peggio. Dopo avere finanziato e organizzato i ribelli anti-Assad ed essere stato sul punto di scendere in campo al loro fianco (intervento bloccato all’ultimo momento dall’appello del Papa, dallo sdegno dell’opinione pubblica mondiale, e, soprattutto, dalla Russia di Putin), si appresta a mettere in campo una nuova orda musulmana, che per i cristiani di Siria non sarà migliore di quella che già tanti di loro ha costretto all’esilio e tante stragi e distruzioni ha causato.
La rivista Al-Monitor riferisce che gli Usa si apprestano ad inviare in Turchia 400 esperti militari per addestrare in una base militare turca, situata nella città di Kirsehir, nell’Anatolia centrale (e in altre minori in Arabia Saudita e Qatar), nell’arco di tre anni 15.000 guerriglieri, definiti “moderati” (evidentemente sotto l’aspetto religioso in contrapposizione a “fondamentalisti”), precisando che i primi 2.000, da preparare in tempi brevi, saranno soprattutto turkmeni, provenienti dalle zone di Damasco e Aleppo.
Il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, in una recente intervista a Radio Vaticana, ne ha tratto le debite conclusione, dicendo che la guerra proseguirà finché potenze straniere la alimenteranno, e ha aggiunto: “Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni. Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni”.
Il vescovo e tutti i cristiani di Siria sanno benissimo che i cosiddetti “moderati”, oltre ad avere una invincibile propensione a passare con i fondamentalisti, non sono molto meglio nel rapporto con i cristiani.
Dostoevskij è scomparso da tempo, ma forse si può ancora sperare nella Russia di Putin.
Francesco Mario Agnoli

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